L’assedio

Era nato sotto assedio ed è cresciuto assediato,

dal mondo isolato.

È persino arrivato a pensare che la terra sia tutta lì,

una striscia accarezzata da un mare blu,

da un muro grigio e niente più.

Il cielo sopra di lui,

quando non era aggredito dalle macchine volanti e dal loro rumore assordante,

sembrava uno specchio in cui si poteva pettinare ed asciugare

diceva che l’acqua era salata,

il cielo, invece, era un dolce soffice che rendeva la vita meno amara.

La sua vita era il mare;

la spiaggia era il suo prato.

Il mare era blu e il cielo pure era blu.

Ma quando passavano le macchine sputa fuoco, come le chiamava lui, scappava nel grembo di sua madre, che lo stringeva di più.

La sua terra ogni tanto saltava su

persino il mare perdeva il suo colore blu.

La spiaggia diventava una trappola di morte,

le case volavano in cielo e con esse: gente, cani e dei canarini blu.

La sua terra diventava sempre più stretta,

il muro si avvicinava sempre di più

e nel mare c’erano alieni al posto dei pescatori,

Squali sparavano missili e mangiavano i pesci piccoli.

Quando le macchine sputa fuoco, per qualche giorno non passavano

e la gente poteva piangere i propri cari…

quando la vita riprendeva il suo cammino in mezzo alle case in confusione

lui poteva permettersi di giocare con il mare

tornato al suo colore e nel cielo si poteva rispecchiare,

quando si poteva sdraiare sulla sabbia, e stiracchiarsi le gambe.

Allora, si metteva a chiacchierare con la luna,

a raccontarle le sue paure e i nomi degli amici che non vedeva più.

La luna: lo accarezzava, gli raccontava del cavaliere coraggioso,

di un principe generoso ma anche del perfido mago nero vestito a strisce blu.

Lui era felice con la luna lassù

Gli faceva giocare con le stelle

anche quando il sole non aveva pietà e la pelle bruciava.

Le stelle cadenti erano il suo scivolo

quante volte stava per schiantare giù,

ma arrivavano le altre stelle e lo portavano di nuovo su.

Tutto il giorno e la notte con il suo scivolo in cielo,

a rincorrere le stelle e a chiacchierare con la luna.

Lo incontrai dopo qualche anno

Abbracciava un fucile arrugginito

aveva un corpo esile coperto da un fucile.

Due mani da latte che stringevano un fucile.

Seduto sulla spiaggia scrutando un mare barricato

da un nemico che non gli permetteva di vedere l’infinito.

Guardava alla sua destra: muro nero, pure lì

torrette e uomini che si divertivano a stare lassù.

Lui abbracciava un fucile, mi chiedeva del mio mondo

e se esisteva un altro mondo con dei muri, senza orizzonte.

Aveva due occhi lucidi, due stelle in una notte buia,

in un mondo oscuro privo di virtù.

L’ho lasciato che aveva paura di guardare su.

La luna non c’era,

ma c’erano tante stelle cadenti.

Lo vedo scivolare giù,

Sento il suo grido:

“Tiratemi su, tiratemi su…”