SEMPLICITA’
Un refolo caldo penetra
le lunghe chiome di’un salice antico,
le foglie frammentano la luce del mattino;
l’aria è densa di melodie lontane.
Vorrei condurti qui
dove si raccolgono le luci delle campagne
e sciamano i petali dei fiori di pesco
sospinti dai venti.
E sapresti che la trama della mia vita
odora di viole,
di tenere giunchiglie che vibrano al sole,
sapresti che nel mio sguardo
vi sono bagliori di grano maturo,
ondeggiante, nella chiarità dei pomeriggi d’inizio estate.
Qui non albergano ombre
negli istanti di sole dei giorni,
ma bagliori vibranti,
luce che riverbera e rischiara,
penetra l’anima e l’inonda
come un tremulo e profondo mare,
infinito,
in cui tutto affonda.
Oh sì, ne saresti degno,
apprezzeresti la semplicità del giglio
e guarderesti con tenera attenzione
la danza d’ogni stagione.
Forse raccoglieresti dei raggi di sole dagli orizzonti agresti,
e con inchiostro d’oro scriveresti poesie,
delle rugiade che imperlano i fiori al mattino
degl’iris che adornano i giardini, e delle rose,
regine dei campi,
che sfoggiano vesti mai eguali.
E forse non guarderesti tutto dall’alto,
ma ti chineresti all’altezza del giglio
per reciderne il gambo
e farmene dono.
MEMORIE AGRESTI
Ho ritrovato
la meta delle corse d’infanzia,
e sgrano memorie agresti
percorrendo i sentieri tra i campi.
Ho ritrovato il ruscello
dove gettavo i navigli di carta
inventando maestosi vascelli dalle chiglie dorate
che solenni inseguivano i sogni.
Ho ritrovato il ponte che portava all’antico giardino,
il pozzo coperto dall’edera,
e la roccia su cui un tempo
sedevo a leggere e ad immaginare.
E scopro che nulla è cambiato nell’anima,
se provo stupore nel trovare nidi di primule e viole
ed il tappeto brulicante di gemme,
e ombre, e bagliori, e carezze di sole.
Mentre l’orizzonte s’arroventa,
percorro il tempo a ritroso,
affondo i piedi nell’acqua e mi lascio lambire.
C’è festa tra i rami dei gelsi
ora che il vento si insinua tra le foglie
raggiungendo le mie vesti di cielo:
c’è festa per la donna che torna
e che afferra visioni agresti per scriverne versi,
che sa ancora sognare.
Come allora attendo il tramonto
con il suo ventaglio di tonalità di brace
e l’indaco, e il buio cosparso di stelle
nelle limpide notti d’estate.
Tutto mi avvolge.
Tutto m’abbraccia e m’inebria.
CELESTI PAESAGGI
La primavera nelle campagne
era un brulicare di gemme,
una visione di ciliegi
che adornano i sentieri dei campi.
Cercavo le viole
lungo la via di casa
sognando di trovarmi in Paradiso,
e che Tu, mio dolce Dio,
avessi il sentore del giglio,
che dopo questa vita avrei assunto
parvenza di falena,
e con ali bianche avrei sfiorato
paesaggi dai colori rifrangenti
toccando cieli mai visti,
mentre l’arcobaleno attraversava ruscelli di luce,
gorgoglianti tra lo stupore dei giacinti.
Sentivo il vento e dicevo:
– Sei Tu-
e il Tuo sorriso era il raggio di sole,
la tiepida carezza che m’offrivi,
era l’oro nei capelli.
Tu m’offrivi
raggi di sole anche nei gelidi inverni
e la mia vita non era più una rosa recisa dal gelo,
o giunco che s’arrendeva al vento;
era arbusto che resisteva al clima avverso,
e rifioriva al tepore di marzo.
Tu m’offrivi immensi campi d’oro
e io ho accolto nell’anima il Tuo dono,
l’ho custodito:
mi sono immersa in quella luce.
La goccia d’acqua non può che dissolversi nel Mare!