Gli agrumi di Trani

Valerio sorride mentre, tra i rami curvi di un platano,
vede la luce giocare con le foglie e scendere ai suoi piedi
coperti da scarpe troppo vecchie.
Guarda il cielo con occhi azzurri pieni di malinconia
e respira un po’ d’aria, non molta, ma quel poco che basta
per ricordargli la lontana Puglia e la giovinezza trascorsa.

A Trani l’aria sapeva di agrumi: il vento ne trasportava l’odore
facendolo salire lungo i vicoli e nelle case,
dalle finestre sempre aperte.
Con gli occhi chiusi ricorda il giorno della partenza:
con una valigia alquanto piccola per le sue cose
e un grave peso sul cuore, poiché lasciava l’amata terra.
Prima di salire sul treno baciò i capelli della madre,
respirandone l’odore di calendula e piangendo in silenzio.

Trattenendo il respiro ricorda gli anni trascorsi al nord:
il lavoro alle acciaierie, il matrimonio felice con Clara,
i due figli ormai lontani.
Rivive gli anni della lotta, quando nell’aria c’era il sentore
di rinnovamento e di riscatto.

Valerio ha 88 anni e nessuno che si ricordi di lui.
Passa le giornate a dare da mangiare ai piccioni,
cercando di rievocare l’ultima volta
che strinse la mano alla moglie, morta troppo giovane.

Mentre si abbandona ai ricordi un alito di vento
muove le foglie del platano.
Crede di sentire l’odore acre dei limoni e Trani rivive,
per un ultimo momento, nell’aria intorno a lui.
Poi con un sorriso inclina la testa e se ne va.

In silenzio, come aveva sempre fatto:
senza dare fastidio a nessuno
e senza chiedere nulla ad alcuno.


Il sognatore

Per scrutare lo spirito
di una persona
bisogna perdersi
nel lucido dei suoi occhi.

Nel mare limpido
tra iride e pupilla,
dove si nascondono
i pensieri più reconditi.

Tutto ciò che siamo
è racchiuso nello sguardo;
si perde nell’infinito
e dell’infinito si nutre.


Profuma di ricordi il mare

Camminava da circa un’ora
lungo una strada polverosa,
o forse era trascorso
un impercettibile istante,
non ricordava.
Sui due lati del corso
lunghe file di case
colorate e vuote.

Altre persone percorrevano
la via in entrambi i sensi:
una folla silenziosa
diretta in nessun dove.

La colpì un particolare
inquietante ed insolito:
il cielo pareva un affresco
colorato di porpora
con sfumature grigie,
intrecciate in nembi
sottili e frastagliati.

Immaginò di sfiorare
le nubi con la mano
e di fare disegni
ad occhi chiusi
da affidare al vento,
portatore di odori
e di sensazioni mutevoli.

Percepì un suono lontano,
un richiamo familiare
sordo e monotono,
come un sussurro.

Era la risacca del mare che rinnovava
una danza antica tra sole e sabbia.
Rammentò il nonno, con cui andava
a mirare il moto ondoso delle acque,
restando ore in religioso silenzio.

I ricordi erano come lampi lancinanti:
arrivavano senza preavviso
in forma di visioni.
Faticava a comprendere
se fossero reali,
oppure sogni
che non le appartenevano.

Desiderò vedere il mare e,
volgendo lo sguardo intorno,
chiese come raggiungerlo,
ma nessuno rispose;
ciascuno curvo
sulla propria strada,
ovunque fosse la meta
di quel muto girovagare.

Qualcuno le afferrò la mano
ed indicò un punto all’orizzonte,
lontano ed indefinito.
Ebbe paura
e col cuore in subbuglio
alzò la testa e vide un uomo,
sorridere amorevole.

Pensò di conoscerlo
ma si confondeva:
i ricordi andavano e venivano
come frangenti schiumosi;
scavavano solchi
dove le passate ombre
trovavano rifugio
e si nascondevano.

Giunti dinanzi al mare
osservarono le onde
correre con il vento
e schiantarsi sui nudi scogli,
con l’impeto di una furia.

L’uomo le lasciò la mano
e si allontanò.
Scomparendo dietro i rovi secchi
divenne un sospiro,
lungo i muri delle case.

Il sole mostrò un timido raggio
che s’infranse tra le acque cristalline,
formando pennellate di luce avvolgente.

Si specchiò sulla superficie del mare
e vide un volto di bambina,
con gli occhi scuri
e il naso sottile.

La marea dei ricordi
l’assalì senza speranza.
Il passato smise di apparire
un pezzo per volta
e si manifestò vivido e crudele,
come una verità
che non si poteva accettare.

Viveva in un paese
in perenne conflitto.
A sua insaputa le misero
un dono tra i libri,
permettendole di andare a scuola
priva di pensieri
e di preoccupazioni.

Attraversò il mercato
con bancarelle colme
di spezie e primizie.
Guardandosi intorno
riempì lo sguardo di voci
e l’udito di colori incessanti.

Freddo ed impertinente
sentì un suono propagarsi dallo zaino,
il resto fu confuso e frammentario.

Vide una luce bianca
attraversarle il petto.
Un fuoco dirompente
che avvolse altre persone,
sorprese nel compimento
di gesti quotidiani
come parlare,
scegliere e comprare.

Sentì un boato: poi le vesti,
insieme alle carni e ai pensieri,
andarono in pezzi,
divenendo polvere
e cenere rovente.

Un’innocente scagliata
contro altri innocenti,
in una guerra che
non aveva niente di santo,
ma feriva ed umiliava
un popolo stremato
da lunghe battaglie
e attacchi improvvisi.

Tornò a guardare
la propria immagine
muoversi liquida
e abbracciare l’umida sabbia.
Un mare di emozioni
scavava per liberarla
dal dolore: rabbia, paura
e ribellione.
Guardò il cielo
e sussurrò il suo nome.
Un suono profumato come il sole,
un canto lieve come il vento.