LA VITA

Gemiti di madre. E poi la vita!

Intorno pochi visi, fuori tanti.

Un vagito: e l’attesa ormai finita

si scioglie in tanti attimi esultanti.

 

È, l’ansia e la paura, ormai sparita;

e tu vivi, così, i primi istanti.

Piange la madre, e pur non è capita:

ride il padre e ridono gli astanti.

 

Riso e pianto feriscono il tuo orecchio

e stringono il tuo cuore forte forte;

poi restan lì, a guisa d’uno specchio

 

in cui si mira te, adulto e forte.

Poi, tu, nonno. Un rantolo di vecchio

gemiti di figli. Ed è la morte.


TERREMOTO

Un boato lungo e cavernoso,

seguito da ‘n sibilo potente:

subito poi, il crollo spaventoso

di muri e tetti sopra a tanta gente.

 

Non c’è tempo di guardare in alto:

al lampadario, vedere se oscilla.

Ognuno, destato in soprassalto,

non ha scampo! E’ come ‘na scintilla.

 

Non ci fu il tremito del letto

ad avvisare l’imminente crollo

d’amati muri e tegole dal tetto.

Tutto, ormai, sfugge al controllo.

 

Chi ce la fa, corre nella strada:

sbigottito, non sa che cosa fare;

sa soltanto, che ovunque ora vada,

vedrà scene solamente amare.

 

Macerie su macerie in ogni parte;

urla strazianti di vivi e di feriti

nelle case crollate come carte.

Alla ricerca di figli e di mariti.

 

Poi si scava, e si contano i morti,

si cercano i dispersi, i propri cari,

si rischia tra i muri ormai contorti,

ognuno cerca di correre ai ripari.

 

E si pensa, lì nel dramma, ove possa

la gente trovare un po’ di pace.

Sa che presto ci sarà un’altra scossa.

Mentre attorno, la vita e tutto tace.


A ME STESSO

E quando tutto poi sarà finito,
e più di te nel mondo resta nulla,
chi potrà dir che sia giammai esistito
il tuo corpo, o non sia morto in culla?

L’uomo è niente; e il poi è tutto un mito.
Oltre la morte, che te e tutto annulla,
niente c’è di bello e al cor gradito,
più niente c’è, che in vita ti trastulla.

Quante volte! pensando al tuo destino,
ti figuri gloria ed alti onori;
che poi insegui lungo il tuo cammino!

E t’illudi che, forse, più non muori.
Sorge il sole dell’ultimo mattino:
di te una tomba resta, e pochi fiori.


 

IL BAMBINO DI ALEPPO

 

Io non ho mai giocato all’aperto,
non ho mai visto la luce del sole.
Perché nel mondo esiste di certo
chi la vita degli altri non vuole.

Non libri, non giochi, non scuole;
solo morti, macerie e deserto.
A veder tanta strage mi duole:
provo tanto sgomento e sconcerto.

Nei rifugi scavati sotterra,
ci sono solo migliaia di tombe:
miei compagni, che ‘l suolo rinserra.

Ho tremato, al fischio di bombe
vendute dai mercanti di guerra;
scaricate da falchi e colombe.


 

LA MIA MAMMA

 

Grazie per avermi dato la vita,
mamma. M’hai nutrito dentro di te.
Grazie per avermi donato la tua vita:
se stavo male, tu eri accanto a me.

La gioia che provavi era infinita.
Ero bambino. Non capivo perché.
Ma ora lo so; ora t’ho capita:
m’hai trattato come fossi un re.

Non credo d’averti mai delusa.
T’ho amata e t’amo ancora tanto.
Da quando la tua vita s’è conclusa

t’ho cercata; e spesso ti ho pianto.
Sento però che devo chieder scusa
se tardo ancora, a venirti accanto.