PIERINO E LA TANA DEL RAGNO

C’era una volta un bambino di nome Pierino, la Mamma gli diceva sempre di non andare a giocare nella strada.

Il gioco preferito di Pierino era giocare a palla, ma poteva farlo solamente all’interno del cortile della sua casa.

Gli amici di Pierino insistevano per uscire dal cortile e giocare a palla in strada. Tutti si chiedevano che cosa mai ci fosse di spaventoso fuori dal cortile.

Un giorno, mentre Pierino giocava con gli amici, qualcuno lanciò la palla molto lontano oltre la recinzione del cortile. Pierino corse fuori per prendere la palla, ma una volta arrivatole vicino, le dette una pedata e questa se né scappò via con Pierino che le correva dietro.

Gli amici ridevano.

Il gioco era molto divertente per cui Pierino ogni volta che arrivava alla palla la calciava e questa fuggiva sempre più lontano.

Fu così che cominciò a sentire le risate degli amici sempre più sottili, in lontananza, e una vocina che gli diceva: “Ahia! Mi fai male! Non è molto divertente! Poi la mamma ti sgrida!”

Era la palla ma Pierino non se ne curava e così, calcio dopo calcio, si allontanò molto da casa.

A un certo punto un grosso nuvolone fece scuro tutto intorno; un lampo, un tuono e giù dal cielo iniziò a scrosciare una pioggia fitta fitta.

Pierino raccolse la palla e si mise a cercare un riparo. Scorse a pochi passi un buco e ci si infilò dentro.

Era la tana del Ragno Carbone, un grosso ragno nero come la pece.

Si era appena accomodato che un vocione gli gridò: “E ora che cosa credi di fare!?”.

Si voltò di scatto e vide un ragno grande quanto un pugno con otto lunghe zampe e otto occhi che lo squadravano dalla testa ai piedi. Era il Ragno Carbone che non era per niente contento di vedere Pierino nella sua tana.

“Io sono il Ragno Carbone! Questa è la mia tana! Tu non puoi stare qui! Qua dentro c’è posto soltanto per me e i sette ragni della mia compagnia!”

Pierino alzò gli occhi e vide una miriade di ragni neri come Carbone venirgli incontro minacciosi.

Il loro capo intanto stava preparando qualcosa: dalla sua bocca stava uscendo un filo di seta che si raccolse in una ragnatela. Questa si avvolse tutta intorno a Pierino che quasi soffocava.

“Aiuto! Sto soffocando! Qualcuno mi aiuti! Non voglio morire!” Gridava Pierino.

Quando ormai non poteva più neanche muovere un dito, sentì, quasi come in sogno, un rumore come di tamburo e vide, attraverso gli occhi socchiusi, la palla che rimbalzava sopra le teste di ogni ragno. Ad ogni rimbalzo i ragni cadevano a terra storditi, ma il Ragno Carbone non si fece sorprendere e la colpì con uno dei suoi artigli. La povera palla scoppiò in un botto fragoroso; botto che lanciò però il ragno molto distante da Pierino, ma soprattutto sbriciolò in mille pezzi la ragnatela che lo stava soffocando. Il bambino non ci pensò due volte: uscì dalla tana e si mise a correre come un pazzo verso casa.

Tremava dalla paura! Pensava alla sua povera palla che si era sacrificata per salvargli la vita. Meditava vendetta! Con gli amici sarebbe tornato alla tana del Ragno Carbone per distruggerla con i petardi, uccidendo lui e tutti gli altri ragni.

Arrivato a casa, però, non trovò gli amici ad aspettarlo. C’era il babbo che gli chiese dove fosse stato con questa pioggia. Il babbo non era mai arrabbiato con Pierino per cui il bambino gli raccontò la disavventura e il proposito di vendetta.

“Non credi che avesse ragione? Dal suo punto di vista dico – fece il babbo – in quel caso l’intruso eri tu, lui non faceva altro che difendere la sua casa. Un ragno è un ragno, si sa, i suoi modi non sono certo amichevoli, ma se ora tu e i tuoi amici andate a vendicarvi, anche i ragni poi a loro volta vorranno vendicarsi e così inizierà una guerra senza fine. Ringrazia il sacrificio della palla, ti ha salvato, anche se non le sei stato molto amico. Vai a riposarti ora e pensa a quello che hai imparato oggi”.

Pierino andò a dormire credendo di avere imparato a non disubbidire alla mamma.

Il mattino dopo, ripensando alle parole del babbo, capì il loro significato: ogni persona, ogni forma di vita deve essere rispettata per com’è, per come pensa e per come vive e la guerra fa nascere soltanto altra guerra.