È la moda

Per una certa parte della mia adolescenza qualcuno (insegnanti, parenti, conoscenti) fu portato a pensare che io fossi molto timido, o comunque avessi problemi di comunicazione, perché ero praticamente rinchiuso in me stesso e comunicavo solo se espressamente interpellato. In realtà ero perfettamente convinto di essere una specie di alieno caduto per caso in questo mondo, perché la maggior parte delle persone con cui avevo a che fare parlava di cose che a me interessavano ben poco e dava importanza a quello che mi interessava ancora meno e quando provavo a dire qualcosa io mi ignorava o cambiava subito discorso, guardandomi con aria perplessa. Ma poi finalmente arrivai a scoprire che c’erano anche persone sulla mia stessa lunghezza d’onda e che con loro potevo comunicare, lasciai nel loro mondo tutti gli altri e cominciai a comunicare tutto quello che a me interessava (e a esprimere educatamente il mio dissenso nei confronti di quello che non mi piaceva): parlando, scrivendo, disegnando e cantando le mie canzoni (perché in quel periodo avevo anche cominciato a suonare e scrivere canzoni… testi e musica).

Una cosa che non ho mai sopportato quando si parla di cose stravaganti, ma soprattutto poco attraenti o fastidiose, spesso illogiche, è sentirle giustificare con “Ma sai, è di moda”. Se seguire la moda vuol dire accettare passivamente qualcosa di scarsamente intelligente o ben poco individuale, seguitela pure: io non ci sto. Per esempio, nei primi anni ’70 c’era stato un periodo che tra studenti delle superiori ci si distingueva per l’abbigliamento: i bravi ragazzi, figli di buona famiglia, possibilmente mettevano il loden e gli stivali a punta quadrata; i “compagni” (o i cani sciolti) rigorosamente con l’eskimo verde, bluejeans e scarpe sportive. Ma io, da sempre contrario all’annullamento nel branco, per un po’ andai a scuola in giacca e cravatta; quando riuscii a trovare un eskimo blu cominciai a metterlo anch’io, con dei jeans neri o di velluto e un paio di anfibi.

Un’altra “moda” che non ho mai capito è quella di mettere il berretto da baseball con la visiera all’indietro: a parte il fatto che chi lo ha ideato ci ha messo una visiera per ovvii motivi (altrimenti avrebbe inventato una “nuchiera”), esteticamente è proprio brutto, ma sembra che nessuno lo capisca. Seguendo la stessa logica (chiamiamola così), qualcuno dovrebbe mettersi il giubbotto o i pantaloni al contrario, con la chiusura (bottoni o cerniera) dietro: servirebbe sicuramente a farsi notare. Per non parlare dei pantaloni a vita bassa, che contribuiscono a rendere ancora più goffe le persone che già sono un po’… formose. E che oltre che essere – presumo – notevolmente scomodi, nella stagione fredda sono un controsenso: giubbotto imbottito e ombelico di fuori? Lasciamo perdere…

Poi ci sono quelli che hanno magliette, felpe e giubbotti con grandi scritte, di cui ignorano completamente il significato, come il giovanotto rampante che ho visto qualche ora fa, con una bella felpa con scritto “Route 66”… ma non ha la minima idea di cosa voglia dire (e non gli importa niente di saperlo). Per non parlare di quelli che hanno la maglietta con scritto “Wish you were beer” e dal disegno hanno capito che ha a che fare con la birra, ma nella stragrande maggioranza non sanno che è la storpiatura del titolo di un pezzo dei Pink Floyd.

E potrei continuare con tanti altri esempi, magari passando alle preferenze in fatto di bevande o di cibo, per non parlare di gusti musicali o nella scelta di letture, di trasmissioni televisive o di cinema, anche quelle in troppi casi influenzate dalle “mode” ma assolutamente irrazionali. Ma è meglio che mi fermi, anche perché non so se avere delle idee è ancora di moda.

 

 

 

 

 


 

La Signora della Montagna

Mille chilometri da qui e poi ancora più lontano, dove il tempo sonnecchia e scorre lentamente, giorno dopo giorno… oltre i cancelli dell’alba, più avanti ancora verso occidente: dove la colomba bianca ha interrotto il suo volo per riposarsi, là siede sola sul suo trono la Signora della Montagna. I suoi occhi tristi non scrutano più l’orizzonte, lei non spera più di vedere tornare gli stendardi della Città d’Oro. Anche consultare il Vecchio Saggio non è servito, e neanche tutti gli Indovini hanno saputo dire qualcosa. Quando la notte l’angoscia le stringe il cuore mentre giace sola nel grande letto mezzo vuoto qualche lacrima bagna il guanciale. Ma poi, all’arrivo del nuovo giorno, torna a indossare… la maschera reale.

Lei medita in un morbido silenzio sotto le volte di pietra, mentre tutto intorno le pareti brillano di un azzurro glaciale, nella caverna nel cuore della montagna dove tutti i guai di questo mondo sembrano cessare di esistere. La Signora della Montagna aspetta, sola e seduta sul suo trono. I suoi occhi guardano il nulla e lei aspetta te e me, se pensiamo di condividere il suo sorriso, i suoi pensieri, le sue parole e la sua antica melodia che cresce; se ci credi arriverai presto là, dalla Regina dell’Amore.

E il cuore della Montagna pulserà di una nuova vita, le Fate sorrideranno, cavalieri e principesse si incontreranno. Il Giallo Giullare suonerà, i ballerini danzeranno e quelli che non avevano mai avuto la possibilità di innamorarsi la avranno, sotto lo sguardo sorridente della Signora della Montagna. Nella caverna azzurra suonerà una musica nuova, ci saranno buone vibrazioni notte e giorno e la gelida pietra diventerà viva e calda riflettendo un caleidoscopio di luci.