Alberto Mosca - Poesie

Leone in gabbia

 

Tra due sbarre di ferro

vedi scintillare

gli occhi di un animale.

 

Lui ti guarda.

Tu lo guardi.

 

Desiderio

di libertà

dentro a quegli occhi.

 

Se sei un leone

vivi libero

al sole della tua savana.

 

Se sei un’aquila

vola leggera

negli spazi siderali del tuo cielo.

 

Se sei un delfino

nuota e salta

tra i flutti dei tuoi oceani.

 

Se sei un uomo libero

parla e vivi

nell’assoluto della tua universalità.

 

Braccato,

incatenato,

ingabbiato.

Pastoie

del non detto

oscurano

amori mai affermati.

 

Tra due sbarre di ferro

vedi scintillare

gli occhi dell’amarezza.

 

Se sei un uomo libero

vivi libero

al sole della tua savana.


Malinconia

 

Il pensiero

che avvolge

di nebbia

un assolato

giorno d’agosto.


Lacrime

 

Scendono,

sgorgano,

talvolta

rimangono

lì.

Come

un rubinetto

che perde

lascia

cadere

inesorabili

gocce,

così

gli occhi

s’inumidiscono

di stille

di sangue,

due ferite

del volto

che scandagliano

la vita

e parlano

di amarezze,

di gioie,

di impenetrabili

silenzi,

di lunghi

discorsi

d’amore.

E per sempre

corroderanno

la roccia

del nostro

domani.


Timidezza

 

Ti guardo

da lontano

e non oso

parlarti.

 

Ti penso

da vicino

e non oso

ascoltarti.

 

Fogli dispiegati

di parole scritte

che non si faranno

mai voce.

 

Luna incantata

sentimento

mai pronunciato,

adesso sì

posso dirlo,

una luce riflessa

dà corpo

alla mia espressione

effimera.

 

Velati silenzi

di timidezza.


Dentro di me

 

La mia fantasia

voce di poesia

anima di magia.

 

Il mio sorriso

ironico inciso

malinconico avviso.

 

La mia solitudine

immensa inquietudine

incondivisa abitudine.

 

La mia sensibilità

aristocratica nobiltà

incomprensibile verità.

 

La mia indifferenza

anelito di coerenza

ferita dell’assenza.

 

La mia virtù

inesprimibile tabù

altalenante schiavitù.

 

La mia giustizia

recondita mestizia

anacronistica letizia.

 

Il mio dolore

soliloquio d’attore

monologo d’amore.

 

Il mio coraggio

inutile ammaraggio

solitario selvaggio.

 

La mia follia

voce di poesia

(nel)-la mia fantasia.


Ci penso

 

Ci penso

e non so

cosa rispondere.

Ci penso

e non so

cosa fare.

Ci penso

al fatto

che se non

pensassi….

 

Ma tanto

ci penso!

 

Ci penso

troppo;

ci penso

poco,

ci penso

di giorno;

ci penso

di notte;

ci penso

bene;

ci penso

male;

Ci penso

al bagno,

in macchina,

al bar,

in banca,

al cinema,

davanti alla TV,

sempre e dovunque

ci penso.

 

Ma a cosa?


La mia forza

 

Ho pianto

le lacrime

dell’incomprensione;

ho strizzato

il sangue

della malinconia;

ho amato

le melodie

dell’illusione,

ho distrutto

le ceneri

della mia adolescenza;

ho delegittimato

la libertà

di dire “no”,

 

ora

posso solo

ringraziare

la mia capacità

di affrontare

la solitudine.


L’umiltà

 

Inginocchiarsi

di fronte

alla vita,

come un ramo

che si piega

sotto una fitta

coltre di neve

in un ruvido

giorno d’inverno.


Alla psicoterapia

 

28 anni.

E dicevo

di non avere

bisogno di nessuno.

Sapevo

quali erano

i miei problemi,

le mie difficoltà.

Conoscevo

il modo

per risolverli.

Il labirinto

di una sofferenza

contaminata

da un marasma

d’interrogativi,

come in un

groviglio

di rovi

dove solo le

spine

feriscono

il timore

di mettersi in discussione.

 

Poi

l’indimenticabile

esperienza

di spogliarmi,

nudo

con me stesso,

di fronte

a sua maestà

La Sofferenza

e imparare

a guardarla

fissa negli occhi

senza più abbassarli.


 IL BRUTTO ANATROCCOLO

 

Quando vedrai

mio padre

dirai:

“Che bell’uomo che è!”

 

Quando vedrai

mia madre

dirai:

“Che bella mamma che hai!”

 

Quando vedrai

mia sorella

dirai:

“Che bella ragazza, è solare direi!”

 

Quando vedrai

il suo compagno

dirai:

“Però, che fascino che ha!”

 

Quando vedrai

la mia nipotina

dirai:

“Guarda quant’è carina quella bambina!”

 

Quando guarderai

nel profondo dei

miei occhi

vedrai,

sentirai,

rabbrividirai

e non parlerai.

 

E quando ascolterai

le parole

della mia sensibilità

allora, quel giorno,

dirai:

“TU SEI!”

……………………………

 

Ma potrebbe essere tardi….


LA DEPRESSIONE

 

Unica.

Amante

amica

della solitudine.

Il vuoto

sullo schermo della vita

il dolore

della disperazione.

Non giudicare

ciò che non conosci!

Zitto.

Etichetta di superficie:

asociale,

antipatico,

chiuso,

solitario,

silenzioso,

permaloso,

pazzo.

Io non voglio

presentartela.

Ti stritolerebbe

e forse avresti

solo il tempo

di dire:

“Tutto qui?”

Poi lo schianto……..

…………………………….


LA MASCHERA

 

Mi guardi!

Ti vedo!

Mi parli!

Ti ascolto!

Ti guardo!

Mi vedi!

Ti parlo!

Mi ascolti!

Perché, perché non ci siamo capiti……..


SI PUO’!

 

Un rapido sorriso

ha riacceso

la fiammella

di una candela.

Sorridi di più,

umanità,

per riaccendere

i lampioni

sulle strade

di questo mondo

inondato

dalle tenebre

della superficialità.


LA MIA FORZA

 

Ho pianto

le lacrime

dell’incomprensione;

ho strizzato

il sangue

della malinconia;

ho amato

le melodie

dell’illusione;

ho distrutto

le ceneri

della mia adolescenza;

ho delegittimato

la libertà

di dire “no”;

 

ora

posso solo

ringraziare

la mia capacità

di affrontare

la solitudine.


UNIVERSO

 

Un’estate….

sogni….

la luna

riflette

sul mare

la strada bianca;

il sole

raccoglie

la luna

che s’immerge

nel mare

che l’onda

frastorna

e che corre

e insegue

le ombre

portate dal cielo,

una nuvola….

bianca….

come la strada delle stelle

che porta lontano

e che ritorna….

Un anno

è trascorso.


LE MIE RADICI

 

Viscere eterne

di acqua

e di fuoco.

Se l’amore

che Roma

seppellisce

nella storia

riaffiora

dalle mura

dei miei ricordi,

lasciatemi libero

di sognare,

perché vuol dire

che anch’io

come loro,

come voi,

come i fratelli

di sangue

ricuciti

da impossibili

ferite,

possiamo lottare

contro l’angoscia

di crescere

e di imparare;

contro la paura

di vivere

e di amare;

contro l’odio

del rimpianto

e della vergogna.

 

Le mie radici

sono avvinghiate

alle zolle

dell’onestà,

lasciatemi sognare

la mia libertà.


LA RABBIA

 

Una lunga ferita

sanguinante

logora

ogni attimo di vita.

Vorresti amare

ed escono parole

d’odio.

Vorresti abbracciare

e le tue mani

raccolgono ortiche.

Vorresti comunicare

e la tua voce

agonizza nello stomaco.

Vorresti chiarire

ed il sole

tramonta nella solitudine.

 

Rabbia di silenzio.

Oceano di dolore.


AMARCORD

 

Il dolce sapore

dell’amore

nettare di vita

che sorride

tuffandosi

nell’estate della giovinezza

infuocati sorrisi

s’immergono

nell’oceano della primavera

inverni di solitudine

accompagnano

variopinte speranze

di tenerezza.


PEN(S)OSO ESISTERE

 

Guardo

la mia camera,

la TV (non accesa),

il quadro

alla parete.

E’ Gilles Villeneuve.

Altri oggetti

intorno.

I libri,

il telefono,

i miei

boxer a fiori.

Nostalgia

di un sorriso,

di un dolce

“Ti amo”

sincero.

Parlo

e gli occhi

tradiscono

il contenuto

delle parole.

Osservo

e le parole

tradiscono

il significato

verbale-non verbale

degli sguardi.

Alzo

una mano

per accarezzare

il mondo

e il mio corpo

tradisce

il desiderio

d’amare.

Mi avvicino

agli altri

e la mia

timidezza

tradisce

il bisogno

d’essere amato.

Prendo

una penna

e scrivo

poesie.

 

Solo così

illumino

di realtà

tutta

la mia

essenza,

il mio

“essere”

umano.

…………………

E sono

solo.


 

IMMENSITA’

 

Mi fermo a guardare il mare.

Silenzio.

Odo solo lo sciacquare dell’onda amica.

Silenzio.

Alzo gli occhi….

Il sole mi chiama.

Silenzio.

Vado, trasportato dai flutti impetuosi.

Fiducioso….

Silenzio.



SOGNO

 

Un buio profondo

e parlare

al buio….

raccontargli

di un fantastico amico.



QUEL SUO SALUTO

 

Ti ho vista salutarmi….

Un cenno appena,

una mano stanca,

un sorriso singhiozzato

tra le parole

della tua violata solitudine.

Gli occhi buoni,

che mi hanno amato

per vent’anni,

e tristi

e soli.

Era come

voler cogliere,

nell’effimera libertà

tua e dei tuoi gesti,

la gioia silenziosa

e immensa,

o tenerella,

di regalarmi ancora

un saluto in più,

dolce e spontaneo sempre,

tra i tanti

che mi hai fatto….

prima di dirmi

addio.



NAVE SCUOLA

 

Quando,

giorno dopo giorno,

sali faticosamente

le scale

dell’esperienza;

 

gocce di dolore

scendono sulla fronte,

per perdersi

nei reiterati tentativi

di esistenza;

 

parole d’amore

s’intrecciano

sotto il giogo

dei ricordi

della tua essenza;

 

allora

non è più possibile

farsi rubare l’anima

e naufragare nel mare

di una svuotata disperazione.