Alberto Raimondi - Poesie

GHIAIA D’ADDA

(Barcarole)
Sono labili tracce
di parole lasciate
lungo il flusso del tempo
come ciottoli lisci
levigati dal lento
millenario lavoro
della pigra corrente
che il ceruleo mio fiume
sulle rive lambite
lontanando dissolve
e poi piano disperde
tra le onde scroscianti
e la spuma del mare.


SCRIVERE ovvero ARS POETICA

Scende la sera e intanto si riempie
d’ombre la stanza;
nel buio si smarriscono i pensieri
come note nell’aria.
Scrivere, sai, non è come pensare:
scrivere è intercettare
pensieri che ti frullano nel capo,
fissarli sulla carta
come note su un bianco pentagramma,
come spillo in un corpo di farfalla
puntato sul cartone
purché le ali si allarghino distese
in disegni preziosi e colorati.
Fare poesia non è fantasticare
o inseguire racconti seducenti
o intrecciare ghirlande variopinte
su concetti studiati a tavolino.
Non son per sé già musica le note,
sono invece i rapporti che le legano
che possono creare l’armonia.
Forma che trasfigura è la poesia.
Per questo non chiamarmi mai poeta,
solo compositore di parole.


IMPRESSIONE, CINQUE DEL POMERIGGIO

Luce calda che incide come lama
il profilo del tempio e la lanterna
contro il cielo. Nel centro del tamburo
mi abbaglia una finestra che riflette
raggi obliqui del sole. Deliziose
dal CD si diffondono le note
di un minuetto lieve ed elegante.


NATURA MORTA

Il quadro sopra la parete in sala
– un vaso di garofani ed un drappo
grigio, di lato – mi riporta al tempo
in cui mio padre e mia madre, fidanzati,
lo scelsero per farsene un regalo
che poi li accompagnasse per la vita.

Era tempo di gioia e di speranze,
d’attese che si sono trasformate
poi nel corso degli anni in sofferenze
in addii od in lutti, coagulandosi
in grumi di dolore: ora è la fredda
staticità di una natura morta
l’assurdo paradosso della vita.


 

TRAMONTO E SERA DALLA FINESTRA DELLA MIA CAMERA

Si spande l’aria calma della sera
sulle case assiepate e sopra i tetti
inondati di luce. Saettante
il volo di una rondine percorre
i vetri incorniciati da finestre
affacciate su di un trascolorare
di cielo azzurro blu indaco viola.

Pausa di vento nella fresca sera
strepitosa di passeri in cortile,
poi, sulla volta fattasi cobalto
improvvise compaiono tre stelle.
Sera nuova, metafora di vita,
di questo mio finale di partita.


VIGILIA DI PASQUA A PIETRA LIGURE

L’inquieta distesa del mare
dal dorso squamoso di rettile
spazzata da furia di venti
blu cupa spumeggia. Folate
sollevano al cielo le nubi
dal fosco color di tempesta.
Dai ruvidi fianchi del monte
si levano densi vapori
che hanno parvenza di un inno:
“… noi sia che viviamo o moriamo
siam sempre di Cristo…”- è nell’aria.


 

IN AUTOSTRADA

Sfila alle nostre spalle in rettifilo
il nastro autostradale che s’immerge
tra verdi ondulazioni di colline
dove bianche si sfioccano nel cielo
nuvole, che si aggrappano alle cime
di pioppi allineati all’orizzonte.

Mi parli, ma non sento la tua voce:
nel ronzio sonnolento del motore
io rivedo a ritroso la mia vita,
incessante rincorrersi di giorni
come grani infilati di rosario.
Stupefatta stagione dell’infanzia
tra corse e gridi, inquieta adolescenza
aspra di acerbi amori ed incompiuti;
poi l’irrompere vivo dei tuoi occhi,
carboni ardenti impressi sui miei anni
come un marchio indelebile d’amore.
La casa insieme, i figli, la fatica
del lavoro per crescerli alla vita
e sempre ad ogni giorno la sua pena,
tutto quanto nel tempo di un respiro….

…ora sì la risento la tua voce
mentre parli con tono divertito
dell’impresa dell’ultimo nipote.
Guardo il cielo solcato dalle nubi
che lente si dirigono all’approdo
di un porto dove s’indovina il mare.