Andrea Costanzi - Racconti

Un film insieme (Alezio e Selas)

 

Un sonno chimico, pesante, si era impossessato rapidamente di Alezio. Era caduto nel buco nero della coscienza sopita, volteggiava nell’oscurità e si vedeva sospeso.

Comparve, in quella profondità senza fine, il volto di sua madre, con quello sguardo severo che parlava senza bisogno di parole, che rimuginava e rimproverava. Ma che sapeva anche amare e riempire il suo vuoto di attenzioni.

Comparve Selas, il suo amante, bello com’era tanti anni prima, pieno di promesse e di voli pindarici.

Comparvero le droghe, il rifugio fantastico e l’anestesia per ogni dolore, il motore di una sessualità esplosiva, fantasiosa e smodata. Le compresse di tutti i colori, i cristalli di MDMA da sciogliere nel succo di frutta, le erbe stupefatte e profumate.

Comparve l’infanzia, la purezza infinita, l’ingenuità e la bellezza dei sentimenti veri. La fine della scuola, l’estate che sembrava non dover mai finire e che era piena di avventure ogni giorno.

Comparve l’età del sesso e dell’amore: il primo consumato in fretta ed in segreto nei giardini del Campidoglio o in una discoteca, tra luci fatue ed oscurità; il secondo conosciuto tramite gli annunci, uno sguardo, una carezza, il carburante per molte illusioni.

Comparve infine una sconosciuta, magra e vestita di nero, che a dire il vero non gli era totalmente sconosciuta.

La donna chiese da Alezio: «Sei pronto? Mi hai voluta, chiamata, implorata tante volte: ora, finalmente sono qui. Vieni, abbraciami, e non ci lasceremo mai…»

Alezio riuscì a muoversi nell’aria densa e scura, avvicinò il suo volto a quello della sconosciuta e l’abbracciò.

Un bacio gelido, profondo ed amaro lo riportò in superficie.

Un medico giovane, dal volto contratto in una smorfia di dolore, diede ordine di cessare le manovre di rianimazione ed annotare l’ora del decesso.

Ai funerali di Alezio si videro facce impietrite, una madre morta assieme a lui, gli amici dello sballo con un mantra in mente («Domani smetto»).

Selas, bellissimo come un tempo, era uno sconosciuto con un dolore segreto immerso nel dolore altrui; baciò la bara di ciliegio e sentì un sussulto provenire dall’interno. Forse, pensò, Alezio aveva ricambiato per l’ultima volta il suo bacio. Allontanandosi, disse tra sé e sé: «Non finisce così…»

Il film segreto della loro vita insieme ebbe un ultimo colpo di scena.

Una settimana dopo il funerale, alcuni turisti videro un uomo gettarsi nel Tevere da Ponte Vittorio.

Selas, portato a riva dai sommozzatori, era bellissimo, con gli occhi gonfi, i capelli spettinati ed un sorriso lieve. Quello di chi sa che l’amore, in fondo, non muore mai.


 

 Photo cover

 

Seduta sul pontile rovinato, le spalle rivolte verso il mare, sorrido al lettore. E prima che a lui, sorrido ad ogni passante dalla vetrina dell’edicola in cui vivo. Ci resterò un mese o poco più, ma mi sembrerà un’eternità.

Il sole è alto in copertina, non diverso da quello lì fuori.

Ho la pelle ambrata, dono del fotografo gentile; i capelli castani e lucenti che danzano selvaggiamente al vento, prodotto dal grande ventilatore posto sul set. Non ho età, o non la ricordo. Sono una ragazzina che si finge donna, o una donna che gioca a fare la ragazzina.

l costume Dream4U, con una fantasia orientale dai toni accesi, è forse l’unica cosa vera assieme al mare ed al pontile. Nemmeno il sole e la luce lo sono: lo shooting è avvenuto nel tardo pomeriggio.

Sono magra, ma in foto sembro non avere nemmeno l’ombra di una curva. Le gambe, lunghe e snelle, sono diventate due lizze scheletriche. Gli zigomi potrebbero tagliare, le scapole stanno per scappare via, le mani sono quelle di una bimba, e probabilmente se potessi guardarmi i palmi mi accorgerei che sono privi di qualsiasi linea. La linea della vita, la linea dell’amore: tutto piallato per il piacere altrui.

I seni sostenuti e pieni valorizzano il costume, ma la taglia non è la mia. E’ un regalo della “post produzione”.

I fianchi non esistono, sono appena accennati e costituiscono un continuum con la striscia di stoffa del costume; la vita è stretta, troppo stretta. Mi va stretta, non mi appartiene più. O forse non mi è mai appartenuta.

Vorrei uscire da questa copertina, sfondare la vetrina dell’edicola, allontanarmi dal pontile, dal mare e dal sole finto. Vorrei urlare che sono viva, sono vera, sono perfetta proprio perché imperfetta. Che sono meravigliosa così, senza i regali della tecnologia.

Non voglio finire nelle mani del primo lettore che capita.

Vorrei fuggire, ma so che non ,lo farò. Questa è la mia vita, questo è il mio lavoro.

Rimango dove sono, fino alla mia scadenza. E regalo sorrisi e sogni ritoccati a chiunque, passando, mi degni di uno sguardo.