Carmen De Matteis - Racconti

La signorina Dignità

C’era una volta
un signore che se ne andava in giro cercando di scoprire dove era la dignità. Vi riuscì e disse a se stesso: “adesso la rubo”. La afferrò ed essa fuggì via. Allorquando si accorse di averla perduta ne volle andare in cerca… Vagò per mari e monti… Ovunque… La ritrovò, la afferrò nuovamente e quella gli disse: “ora che mi hai ritrovata non puoi tenermi con te… mi perderesti”: E lui la lasciò ad andare. Ed essa si sciolse nel mare. Dopodiché l’uomo si innamorò di una donna che gli disse: “Portami con te”; e lui le rispose: “Tu non hai dignità”; “ma nemmeno tu”, gli rispose la donna. “Vorrei ritrovarla”: “Non potresti: la perderesti” … E lui chiese: “Cosa posso fare per averla?” “Devi chiedere al mare: ridammela”: E lui andò dal mare e il mare disse: “Prendi la dignità e portala alla tua donna. E lui la prese e la portò da lei. E lui disse: “Grazie”. La dignità sorrise e fuggì via. Dopodiché l’uomo tornò dal mare e disse: “Grazie”. E il mare disse: “Grazie perché la dignità è tornata a me”. E la dignità non proferiva parola. L’ uomo allora: “La dignità non esiste”. Il mare allora divenne aria e l’ aria divenne vento e il vento divenne tempesta e la tempesta uragano, che si abbatté sull’ uomo, inerme, che disse: “Ora ho capito che la dignità non ha voce e che esiste”. La dignità, che si era nascosta nell’ aria, nel vento, nella tempesta e nell’ uragano e che non aveva mai proferito parola si trasformò in una donna, andò dall’ uomo e parlò così: “Caro uomo tu mi rubasti e non potesti tenermi. Mi ritrovasti, infine mi riconoscesti e ora voglio che mi porti con te”. E lui: “Non posso più” “Perché non puoi?” “Perché ho un’altra donna”. E la dignità disse: “Ma io sono tua per sempre!” Lui: “Peccato”. “Io ti voglio”. E lui: “Tu sei pazza”. “Così mi perderai” “Meglio allora”. E la dignità disse affranta: “Il mio posto era nel mare.”. L’ uomo di rimando e senza verecondia le rispose: “Brava, torna al tuo posto!”. La dignità allora, che era diventata una donna, andò via trovò un altro uomo e si innamorò. Guardando il mare diceva a sé stessa: “Un tempo io ero un’altra cosa, ero acqua, ero, vento, ero tempesta e ero uragano; ora non sono più nulla di tutto questo, però ho un uomo che mi ama…dimmi, quindi, cos’ è meglio?” Il mare pietoso le rispose: “Cara dignità, tutto quanto c’è è frutto di trasformazioni inevitabili. Tu fai parte della vita e io non potrei raccoglierti di nuovo in me perché tu non sei la stessa di una volta”: La dignità si sentiva scacciata dal mare, però aveva un uomo che la amava e ciò la consolava. La dignità fu scacciata due volte: dagli uomini e dal mare, ma si sentiva bene e in pace, perché ora sapeva cos’era l’amore. Ella parlava spesso col suo uomo e gli diceva: “Io ho te perché sono stata scacciata dagli uomini e dal mare”. E l’uomo le rispose dicendole: “Tu hai me perché l’amore è l’origine e la fine di tutte le cose…nulla esiste possa superarlo”. “Sì, io ti amo”, ma la dignità sapeva che non avrebbe dovuto proferire parola. “Ti amo anch’ io, ma non ti voglio più”. La dignità allora, scacciata di nuovo, tornò tra la gente. Ora c’ è chi la cerca dappertutto, nelle città e tra le persone e lei ama, non riamata, tutti gli uomini nell’ attesa, però, che le sue stagioni fioriscano e pur consapevole che ogni stagione muore a se stessa prima di completare i suoi cicli eterni di ritorno. E la Speranza non perse mai, per tutta l’infinità dei tempi in cui se ne restava muta e né profferiva parola né si trasformava perché unica e sola conosceva da sé il proprio valore. Un giorno, in piena estate, un mendicante che talvolta si rivolgeva a lei con una parola di saluto la volle trattenere a fermarsi per raccontarle una storiella che nessuno seppe mai se accaduta realmente. La dignità si sedette fronte a lui per udirla mentre il mendicante raccontava: “Un anziano uomo aveva una moglie, una vecchia megera, che per mestiere faceva la sarta. Lei di giorno cuciva e lui le domandava: << perché non posso farlo anch’ io?>>. Ma quella gli diceva malamente: <<perché sei uno stupido cieco>>. Solo che lui non poteva lasciare la vecchia poiché non aveva un sol soldino per sopravvivere. La vecchia lo bastonava e gli dava da mangiare le carote o, al massimo, i ceci. Lui la sopportava. Lei lavorava e lo bastonava alquanto spesso. Ma un giorno finalmente si stufò il povero cieco e sbottò: <<moglie io senza te non posso vivere però mi sono stancato di sopportare le tue angherie e i tuoi soprusi>>. La vecchia gli chiese: <<e allora? Che vuoi fare?>> <<voglio andarmene via>> <<vai pure>>, la vecchia così gli disse e il cieco andò via, ma non sapeva orientarsi da nessuna parte. Lungo la strada che percorreva a tentoni c’erano fossi su fossi…il cieco se ne accorse, ma non riusciva ad andare avanti per superarli. Un uomo pio gli si fece incontro e gli suggerì: “Salta, su dai, forza!”, ma il cieco intimorito non seppe fare altro che tornare indietro, verso casa dove la vecchia megera lo stava appena attendendo…<<perché sei tornato?>> <<perché la strada era lunga e difficile e io non potevo saltare i fossi>> <<ora rimarrai qui con me e ti farò vedere io!>>, disse la vecchia megera. E lei lo bastonava sempre più spesso. Il disgraziato uomo disse, dopo l’ennesima prepotenza:<< se avessi saltato i fossi a quest’ ora vivrei in pace>>, ma la vecchia: <<stupido cieco, a quest’ ora tu saresti morto>>. Il cieco, che sapeva di essere un pover’ uomo, ebbe appena il fiato di replicare:<<può essere; la strada era lunga e difficile e io non la ho voluta percorrere perché non potevo, ma ora ho te, mogliettina cara, ti amo tanto e voglio vivere felice>> <<cosa mi dici? Tu sei uno stupido cieco e non sarai mai felice>>. Il cieco quindi rispose: <<se io trovo la forza per superare i fossi potrò andare da un medico che mi opererà e io non sarò più cieco e potrò lavorare per sfamarmi e poi… e poi non tornerò più da te. MAI più!>>. La vecchia megera allora a lui si rivolse con queste parole: :<< può darsi, ma ti ricorderai sempre che io ti ho dato da mangiare…>>.” La dignità, ascoltate le ultime frasi del mendicante se ne andò sempre più triste e ombrosa per le strade del mondo, ma soprattutto silente e paziente… aspettando, sempre, nuove primavere…portando la sua bellezza e benevolenza fiera dappertutto e ovunque, fino ai deserti e ai ghiacciai e ancora oltre… oltre dove conducono le sorti dell’umano…