Caterina Frusteri Chiacchiera - Poesie

Rivoluzione

 

Mi sono dannata la vita ad inseguire l’amore.

Sciocca che ero: pensavo all’amore come una storia da film;

terribili certi film certi libri certe immagini e certi discorsi-

bisognerebbe vietarli alle giovani donne

particolarmente predisposte alla nevrosi.

Ma come? dico io, secoli di studi: l’isteria femminile,

la psiconevrosi uterina, l’alterazione emotiva di genere

e il fenomeno è ancora così sottovalutato??

Si rischia di diffondere in maniera irresponsabile

il bacillo della devianza umorale: donne, tante, in ricerca;

donne, tante, in cerca d’amore; donne, tante, deluse;

donne, tante, arrabbiate …

Oddio, ci sarebbe materiale per una Rivoluzione …

Soprattutto se poi, a un certo punto, queste donne,

un po’ come me, iniziano a sentirsi …come dire …raggirate.

Perché quanto tempo, energia, entusiasmo, gioia, creatività,

dignità e rispetto di me mi hanno fatto perdere,

raccontandomi la fandonia che sarei stata felice

solo se fossi stata amata?-Da un uomo- naturalmente.

Come se il tempo, l’energia, l’entusiasmo, la gioia,

la creatività, la dignità e il rispetto di me,

non fossero già amore.

E se non fosse questo a rendermi giustizia, a rendermi viva.

E allora, forse, la Rivoluzione può esserci davvero …

Perché non sono l’unica a chiedere il conto

di questa truffa giocata sulla pelle delle donne …

Inizio a svegliarmi, mille donne sono già sveglie.

Non crediamo più a quei banali racconti

che drogano con l’assenzio del bisogno di un uomo.

Il bisogno che ho, per oggi,

è di essere presa sul serio, per quella che sono,

di valere per me, e di sapere che la cura e il valore

che io a me stessa do sono già la più grande forma d’amore.


 

Città

 

Vorrei sparire come spuma a questa città

così storta, così umida, così ostile …

Non ci odiamo nemmeno, solo ci giriamo dall’altra parte sdegnose

una al passaggio dell’altra …

Io mi sento in essa una pedina degli scacchi,

e lei lo sa bene di essere stata sempre

solo una scelta di comodo.

Mi gela, mi intimorisce;

preferisco non soffermarmi, non guardarla negli occhi.

Non c’è nulla da fare: non ci riconosciamo

e non ci apprezziamo a vicenda

e questa convivenza forzata non giova a nessuna delle due.

Prima o poi una di noi dovrà decidersi a essere coerente,

e ho la netta sensazione che toccherà a me

liberare il campo.


 

A Silvia

 

Oggi ho contribuito in parte a un femminicidio:

ho spiegato alla mia giovane alunna -su sua insistenza-

cosa fosse la cellulite.

Ho cercato di sottrarmi, di non farlo,

di tenerla pura e soddisfatta di sé.

Ma lei ha insistito, insistito, insistito e

a alla fine ho ceduto …

E ora me ne pento: perché?? Come ho potuto??

Dopo essermi stupita del suo candore,

dopo anni di lotte vissute sulla mia pelle,

come ho potuto condannare un’altra donna

a questa inutile tortura, mi chiedo…

Sento il bisogno di fare subito un’ammenda.

Allora ho riflettuto e mi è venuta un’idea:

madri, insegnati, educatrici, maestre, sorelle:

non parliamone più!

Non nominiamo più questa parola …

“Cellulite? No, mai sentito questo vocabolo. Non esiste!”.

Insomma, perché poi ripeterlo, nominarlo?

A cosa serve? Se non a perpetuare l’ennesima violenza

contro le donne …Basta!

non pronunciamo più né questa né altre espressioni mortificanti:

“Chili di troppo, rotolini, rughe, peli superflui ecc.”

RIVOLUZIONE CULTURALE: annulliamo tutto!

Insomma,

ci sono così tante cose da trasmetterci di donna in donna,

abbiamo così tanto da tramandarci

da non poter perdere un secondo di più in queste trappole.

Quindi censuriamo tutto ciò che ci mortifica!

E spendiamo parole, invece,

per dire che siamo bellissime, che ogni corpo è positivo,

che ogni corpo è buono!

In verità, oggi, è stata la mia alunna

a insegnare qualcosa d’importante a me

(come spesso accade, tra l’altro):

mi ha insegnato che la cellulite non esiste

prima che io la faccia esistere,

che il corpo delle donne è bello, se non ascolto i miti sociali

che mi dicono il contrario.

E i miti sociali esistono, i condizionamenti esistono …

Sono come una droga che mi tiene buona buonina

e anziché occuparmi di me stessa, della mia libertà,

felicità, valorizzazione,

anziché impegnarmi a prendermi sul serio,

fa orientare tutte le mie energie sulla preoccupazione

di vergognarmi di me e del mio corpo,

su come nasconderlo o come camuffarlo.

Perché fa comodo che io

sia ossessionata dagli attacchi verso il mio aspetto,

anziché impegnarmi nel realizzare me stessa …

E allora ecco adesso la mia ammenda:

a me stessa, alla mia alunna,

a tutto il genere femminile.

Sono bella, sei bella, siamo belle!

Tutte le donne sono belle, sempre!

E mi impegno sin d’ora a non pronunciare

mai più quella ed altre denigranti parole …

Promesso!!

(Ed è per questo che questa poesia si intitola

semplicemente “A Silvia”, la mia alunna))


 

Dubbi

 

Raccolgo i dubbi sulla mia vita

come briciole.

Li tengo in una mano.

Per la prima volta

non mi giudico

e non mi massacro.

Sulla mia mano

si poggerà un passero?


 

Un uomo e una donna

 

Dovrei conoscere quest’uomo, mi dico,

da qualche parte ho scritto un promemoria:

abbiamo vissuto insieme, un tempo.

Oggi abbiamo passato il pomeriggio

sul divano a guardarci negli occhi.

Sappiamo di esserci già incontrati da qualche parte

ma in noi era lo stupore di essere

d’ un tratto uno di fronte all’altra: un uomo e una donna.

Abbiamo passato il pomeriggio a sorriderci;

davvero è l’uomo che ho scritto di conoscere?

In quelle righe dicevo di lui che era buio come l’inverno,

ma dell’uomo nero non c’era più traccia,

oggi su quel divano,

e nemmeno della strega condannata al rogo.

Oggi eravamo un uomo e una donna.

Che bello incontrarsi, lasciarsi, morire, rinascere, trovarsi…

In quest’ordine o in ordine sparso,

perché questa in fondo in fondo è la vita, no?

Fino ad arrivare ad oggi: noi due a ridere sul divano,

semplicemente un uomo e una donna.


Aristotele e il mio femminismo interiore

 

Voglio fare tanto l’artista

dai pensieri elevati e sublimi

ma poi la mia mente è impegnata, per lo più,

a cercare di nascondere la cellulite e le rughe.

Aristotele sosteneva:

a una donna, non sarà mai dato di essere un artista,

ha troppo a che fare con il suo corpo!

Aristotele mio, sai cosa ti dico?

forse, per una donna, e soprattutto per una donna come me

che ha da farsi tante ammende,

essere un’artista vuol dire proprio

sentire che l’arte nasce dal corpo …

Questo corpo volubile e incontrollabile di femmina,

sconosciuto e oscuro.

Aristotele mio,

ci credo che ti faceva paura, non sai quanta paura

facciano a me la cellulite, le rughe, gli sbalzi d’umore …

Ma mi fanno più paura gli uomini,

che come te,

condannano il mio corpo di donna a vivere solo d’aria.

La mia femminilità è una condanna creativa:

la condanna del continuo cambiamento

-mostruoso- lo so, ma così reale.

Ed è per questo che in barba ad Aristotele e alla metafisica

faccio dei miei chili di troppo e della mia prova costume

la mia personale forma di poesia.


 

Luna

 

Luna piena

piazzata di fronte a me,

ingombrante

totale,

come solo lei sa essere;

ieri sera l’ho incontrata

in una via,

prendeva tutta la strada …

Eh, non passa inosservata,

magnifica,

troppo bella,

impudica,

nemmeno se ne vergogna …

E se ne stava lì,

per farsi guardare,

egocentrica che è …

E poi bugiarda,

ammaliatrice,

mi diceva:

“Sei bella, sorella …”

Mah …

È vero??

non ci penso neanche a queste sciocchezze,

non ho tempo, ho troppo da fare…

Eppure,

dopo averla incontrata,

non so come,

non ho più camminato

a testa bassa.


 

Chi sono io?

 

Chi sono io?

Ho smesso di chiedermelo

perché spaventata dal guardare

la notte.

Chi sono io?

Non chiedermelo

mi ha portato:

vestiti eleganti,

sorrisi smaglianti

e rispettabilità.

E tutto questo,

tra l’altro,

è cosa buona giusta…

Ma chi sono io?

Questa domanda

batte sul cuore

come un’onda,

come una persiana

che sbatte…

E posso chiudere

la finestra,

continua

continua

rimbomba.

Chi sono io?

Chi sono io?

Oggi so solo

che in questo

respiro,

posso lasciar

affiorare

questa domanda

alle labbra

e allo spirito.


 

Beneficio del dubbio

 

Oggi concederò alla vita il beneficio del dubbio;

che strano:

passeggio,

respiro,

sorrido

e non me ne voglio.