Rivoluzione
Mi sono dannata la vita ad inseguire l’amore.
Sciocca che ero: pensavo all’amore come una storia da film;
terribili certi film certi libri certe immagini e certi discorsi-
bisognerebbe vietarli alle giovani donne
particolarmente predisposte alla nevrosi.
Ma come? dico io, secoli di studi: l’isteria femminile,
la psiconevrosi uterina, l’alterazione emotiva di genere
e il fenomeno è ancora così sottovalutato??
Si rischia di diffondere in maniera irresponsabile
il bacillo della devianza umorale: donne, tante, in ricerca;
donne, tante, in cerca d’amore; donne, tante, deluse;
donne, tante, arrabbiate …
Oddio, ci sarebbe materiale per una Rivoluzione …
Soprattutto se poi, a un certo punto, queste donne,
un po’ come me, iniziano a sentirsi …come dire …raggirate.
Perché quanto tempo, energia, entusiasmo, gioia, creatività,
dignità e rispetto di me mi hanno fatto perdere,
raccontandomi la fandonia che sarei stata felice
solo se fossi stata amata?-Da un uomo- naturalmente.
Come se il tempo, l’energia, l’entusiasmo, la gioia,
la creatività, la dignità e il rispetto di me,
non fossero già amore.
E se non fosse questo a rendermi giustizia, a rendermi viva.
E allora, forse, la Rivoluzione può esserci davvero …
Perché non sono l’unica a chiedere il conto
di questa truffa giocata sulla pelle delle donne …
Inizio a svegliarmi, mille donne sono già sveglie.
Non crediamo più a quei banali racconti
che drogano con l’assenzio del bisogno di un uomo.
Il bisogno che ho, per oggi,
è di essere presa sul serio, per quella che sono,
di valere per me, e di sapere che la cura e il valore
che io a me stessa do sono già la più grande forma d’amore.
Città
Vorrei sparire come spuma a questa città
così storta, così umida, così ostile …
Non ci odiamo nemmeno, solo ci giriamo dall’altra parte sdegnose
una al passaggio dell’altra …
Io mi sento in essa una pedina degli scacchi,
e lei lo sa bene di essere stata sempre
solo una scelta di comodo.
Mi gela, mi intimorisce;
preferisco non soffermarmi, non guardarla negli occhi.
Non c’è nulla da fare: non ci riconosciamo
e non ci apprezziamo a vicenda
e questa convivenza forzata non giova a nessuna delle due.
Prima o poi una di noi dovrà decidersi a essere coerente,
e ho la netta sensazione che toccherà a me
liberare il campo.
A Silvia
Oggi ho contribuito in parte a un femminicidio:
ho spiegato alla mia giovane alunna -su sua insistenza-
cosa fosse la cellulite.
Ho cercato di sottrarmi, di non farlo,
di tenerla pura e soddisfatta di sé.
Ma lei ha insistito, insistito, insistito e
a alla fine ho ceduto …
E ora me ne pento: perché?? Come ho potuto??
Dopo essermi stupita del suo candore,
dopo anni di lotte vissute sulla mia pelle,
come ho potuto condannare un’altra donna
a questa inutile tortura, mi chiedo…
Sento il bisogno di fare subito un’ammenda.
Allora ho riflettuto e mi è venuta un’idea:
madri, insegnati, educatrici, maestre, sorelle:
non parliamone più!
Non nominiamo più questa parola …
“Cellulite? No, mai sentito questo vocabolo. Non esiste!”.
Insomma, perché poi ripeterlo, nominarlo?
A cosa serve? Se non a perpetuare l’ennesima violenza
contro le donne …Basta!
non pronunciamo più né questa né altre espressioni mortificanti:
“Chili di troppo, rotolini, rughe, peli superflui ecc.”
RIVOLUZIONE CULTURALE: annulliamo tutto!
Insomma,
ci sono così tante cose da trasmetterci di donna in donna,
abbiamo così tanto da tramandarci
da non poter perdere un secondo di più in queste trappole.
Quindi censuriamo tutto ciò che ci mortifica!
E spendiamo parole, invece,
per dire che siamo bellissime, che ogni corpo è positivo,
che ogni corpo è buono!
In verità, oggi, è stata la mia alunna
a insegnare qualcosa d’importante a me
(come spesso accade, tra l’altro):
mi ha insegnato che la cellulite non esiste
prima che io la faccia esistere,
che il corpo delle donne è bello, se non ascolto i miti sociali
che mi dicono il contrario.
E i miti sociali esistono, i condizionamenti esistono …
Sono come una droga che mi tiene buona buonina
e anziché occuparmi di me stessa, della mia libertà,
felicità, valorizzazione,
anziché impegnarmi a prendermi sul serio,
fa orientare tutte le mie energie sulla preoccupazione
di vergognarmi di me e del mio corpo,
su come nasconderlo o come camuffarlo.
Perché fa comodo che io
sia ossessionata dagli attacchi verso il mio aspetto,
anziché impegnarmi nel realizzare me stessa …
E allora ecco adesso la mia ammenda:
a me stessa, alla mia alunna,
a tutto il genere femminile.
Sono bella, sei bella, siamo belle!
Tutte le donne sono belle, sempre!
E mi impegno sin d’ora a non pronunciare
mai più quella ed altre denigranti parole …
Promesso!!
(Ed è per questo che questa poesia si intitola
semplicemente “A Silvia”, la mia alunna))
Dubbi
Raccolgo i dubbi sulla mia vita
come briciole.
Li tengo in una mano.
Per la prima volta
non mi giudico
e non mi massacro.
Sulla mia mano
si poggerà un passero?
Un uomo e una donna
Dovrei conoscere quest’uomo, mi dico,
da qualche parte ho scritto un promemoria:
abbiamo vissuto insieme, un tempo.
Oggi abbiamo passato il pomeriggio
sul divano a guardarci negli occhi.
Sappiamo di esserci già incontrati da qualche parte
ma in noi era lo stupore di essere
d’ un tratto uno di fronte all’altra: un uomo e una donna.
Abbiamo passato il pomeriggio a sorriderci;
davvero è l’uomo che ho scritto di conoscere?
In quelle righe dicevo di lui che era buio come l’inverno,
ma dell’uomo nero non c’era più traccia,
oggi su quel divano,
e nemmeno della strega condannata al rogo.
Oggi eravamo un uomo e una donna.
Che bello incontrarsi, lasciarsi, morire, rinascere, trovarsi…
In quest’ordine o in ordine sparso,
perché questa in fondo in fondo è la vita, no?
Fino ad arrivare ad oggi: noi due a ridere sul divano,
semplicemente un uomo e una donna.
Aristotele e il mio femminismo interiore
Voglio fare tanto l’artista
dai pensieri elevati e sublimi
ma poi la mia mente è impegnata, per lo più,
a cercare di nascondere la cellulite e le rughe.
Aristotele sosteneva:
a una donna, non sarà mai dato di essere un artista,
ha troppo a che fare con il suo corpo!
Aristotele mio, sai cosa ti dico?
forse, per una donna, e soprattutto per una donna come me
che ha da farsi tante ammende,
essere un’artista vuol dire proprio
sentire che l’arte nasce dal corpo …
Questo corpo volubile e incontrollabile di femmina,
sconosciuto e oscuro.
Aristotele mio,
ci credo che ti faceva paura, non sai quanta paura
facciano a me la cellulite, le rughe, gli sbalzi d’umore …
Ma mi fanno più paura gli uomini,
che come te,
condannano il mio corpo di donna a vivere solo d’aria.
La mia femminilità è una condanna creativa:
la condanna del continuo cambiamento
-mostruoso- lo so, ma così reale.
Ed è per questo che in barba ad Aristotele e alla metafisica
faccio dei miei chili di troppo e della mia prova costume
la mia personale forma di poesia.
Luna
Luna piena
piazzata di fronte a me,
ingombrante
totale,
come solo lei sa essere;
ieri sera l’ho incontrata
in una via,
prendeva tutta la strada …
Eh, non passa inosservata,
magnifica,
troppo bella,
impudica,
nemmeno se ne vergogna …
E se ne stava lì,
per farsi guardare,
egocentrica che è …
E poi bugiarda,
ammaliatrice,
mi diceva:
“Sei bella, sorella …”
Mah …
È vero??
non ci penso neanche a queste sciocchezze,
non ho tempo, ho troppo da fare…
Eppure,
dopo averla incontrata,
non so come,
non ho più camminato
a testa bassa.
Chi sono io?
Chi sono io?
Ho smesso di chiedermelo
perché spaventata dal guardare
la notte.
Chi sono io?
Non chiedermelo
mi ha portato:
vestiti eleganti,
sorrisi smaglianti
e rispettabilità.
E tutto questo,
tra l’altro,
è cosa buona giusta…
Ma chi sono io?
Questa domanda
batte sul cuore
come un’onda,
come una persiana
che sbatte…
E posso chiudere
la finestra,
continua
continua
rimbomba.
Chi sono io?
Chi sono io?
Oggi so solo
che in questo
respiro,
posso lasciar
affiorare
questa domanda
alle labbra
e allo spirito.
Beneficio del dubbio
Oggi concederò alla vita il beneficio del dubbio;
che strano:
passeggio,
respiro,
sorrido
e non me ne voglio.