Caterina Frusteri Chiacchiera - Racconti

Il Bosco degli Alberi Parlanti

 

C’era una volta una bambina molto carina che si chiamava Caterina. Caterina abitava insieme ai genitori in

un piccolo villaggio vicino a una radura, dove la gente viveva laboriosa e felice. Il paesello era popolato di

persone gentili e allegre e Caterina e i genitori conducevano una vita spensierata …

Vi era un unico problema: Caterina ogni giorno, per arrivare a scuola, doveva prendere una lunga strada, perché la strada più corta attraversava il bosco, e già molti viandanti che vi si erano avventurati non erano mai più tornati in dietro.

Una strega malvagia, infatti, nella notte dei tempi, aveva fatto un incantesimo agli alberi del bosco, trasformandoli nei terribili “Alberi Parlanti”; queste erano creature crudeli e oscure, che con le loro voci facevano smarrire le persone che attraversavano il bosco, e poi le divoravano.

Nelle lunghe sere d’inverno, mentre si stava seduti davanti al fuoco a narrare di antiche storie, le vecchie zie mettevano in guardia Caterina e gli altri bambini del villaggio, raccontando di uomini che erano scomparsi per sempre tra le fitte trame degli alberi.

Visto da lontano, infatti, poteva sembrare come tanti altri, ma invece il bosco era incantato e popolato da terribili creature. Si diceva che gli Alberi attendessero di sentire i passi di coloro che si inoltravano nel folto della foresta; nell’aria allora si iniziava a sentire sibili, come dei respiri lontani, che diventavano sempre più intensi, più forti, fino a divenire frasi riconoscibili: le orribili e strazianti parole pronunciate dagli Alberi Parlanti…

I poveri sventurati che udivano quelle voci rimanevano paralizzati dalla paura, smarrivano la strada, e quando erano ormai atterriti, GNAM, gli alberi aprivano le loro enormi fauci, e li divoravano in un solo boccone …

Si raccontava che l’albero più terribile fosse la crudele Regina Quercia Nera; poteva sembrare una quercia come tante altre, imponente, ombrosa, rinfrancante e per questo molti vi si avvicinavano per trovarvi ristoro e riposarsi dal lungo cammino … Ma una volta in prossimità Quercia Nera pronunciava le sue terribili parole, prima piano, come sussurrate in un orecchio, appena appena percepibili, tanto da essere spesso confuse, da principio, con la voce che tutti gli uomini da sempre sentono dentro di sé… poi le parole divenivano man mano più chiare e scandite: “Tu, buono a nulla! Essere indegno! Inconcludente!

Povero incapace, hai sprecato la tua vita e tuoi talenti! Nessuno ti apprezza! Nessuno ti ama! Nessuno ti vuole!! Sei buono solo a diventar un lauto pasto per il mio pancione!”. I viandanti, terrorizzati, colpiti nell’animo da quelle frasi, rimanevano come pietrificati dal terrore, e GNAM,

Quercia Nera se li mangiava tutti interi!

Ma le buone zie raccontavano anche di un altro temibile essere: Castagna Selvatica, un’enorme ippocastana, anch’essa crudelissima … Castagna Selvatica attraeva i malcapitati con una tecnica sottile: li ammaliava sussurrando inizialmente frasi gentili, li invogliava ad avvicinarsi, a trovar conforto sotto i suoi rami ricoperti di foglie: “Oh, bel pellegrino, dove vai così ben vestito? O dolce giovinetta, dove ti rechi irradiando nell’aria la tua leggiadra bellezza??Avvicinati per farti ammirare meglio”. Così, lusingati da queste frasi, le persone vi si avvicinavano, e subito: GNAM!! Venivano ingurgitati; e mentre i disgraziati stavano per essere divorati, per tutto il bosco tuonava una crudele risata “Ah, ah, ah, sciocchi esseri umani, incantati da qualche banale complimento! Ah, ah, ah, sprovveduti crapuloni, così insicuri e meschini da aver costante bisogno di adulazione!!! Non sanno che la vanità sarà la loro rovina”. E GNAM, GNAM, GNAM…

Le buone vecchiette allertavano la piccola Caterina anche su un’altra creatura, forse la più infida: Rami Imperfetti, un’imponente faggia: lei non pronunciava parola, si esprimeva solo dopo, quando, aveva già mangiato: “Ah, ingenui, ah che bella fortuna, farmi una bella scorpacciata di insulsaggine!!”.

Insomma, per gli abitanti del villaggio e per tutti gli uomini di passaggio, il bosco era un luogo di grande paura, non solo perché rappresentava morte sicura, ma anche perché nelle parole inquietanti degli Alberi

Parlanti venivano svelati tutti i timori più nascosti di ognuno…  Caterina sapeva bene che bisognava tenervisi lontani, e per questo per andare a scuola, prendeva la strada più lunga.

Ma un giorno, all’uscita da scuola, TRUUUM, TRAAAMM, TIC, TIC, TIC: lampi, fulmini e pioggia si erano abbattuti sul paesello e sulla campagna … E Caterina, poverina, era uscita la mattina senza ombrello!! “Come posso fare ad affrontare la strada più lunga per tornare a casa e senza nemmeno un riparo?” Sospirava tra sé, “E i miei genitori saranno in pensiero se non mi vedono tornare!!”. Dopo aver riflettuto un po’, la bambina si decise: avrebbe preso la strada più corta affrontando il Bosco degli Alberi Parlanti …

Così, piena di paura e con il cuore che batteva forte, si incamminò verso la foresta … Oh, povera Caterina! Mentre si inoltrava tra la vegetazione, ecco iniziare a levarsi fischi, sospiri, rumori strani. “Cosa saranno?? Oh, che paura … Ma per lo meno qui riparata dalle foglie la pioggia non mi bagna …”, si diceva tra sé la piccola per farsi coraggio …

I fischi diventavano via via più intensi; Caterina iniziò a correre il più velocemente possibile per il sentiero che attraversava il bosco, quando ad un tratto, per la fretta e la paura, pata plaft, inciampò su una radice e arrivò per terra; “Aia’!”, disse la bambina rialzandosi e sistemandosi il vestito tutto sgualcito … Ma non c’era tempo da perdere, e via di corsa verso casa …

A un certo punto, ecco l’udirsi di parole distinte: “Oh, ma che bella bambina! Che dolce! Ma che bel vestitino! Dove vai così di corsa? Fermati a farti ammirare meglio!”.

Caterina si ricordò le parole delle zie: “Se per sbaglio ti dovessi inoltrare nella foresta e sentissi delle voci adularti, non prestare loro attenzione, ma fuggi velocemente! Sono le astute lusinghe di Castagna Selvatica che tende il suo tranello per divorare gli sciocchi vanitosi che cercano conferme dagli altri…”. Cosicché Caterina affrettò ancora di più il passo, “Dolce? Io? Chiedi alla mia mamma come la faccio disperare! E quale bel vestito? Sono appena caduta ed è tutto sporco e strappato!!Non mi fermo no, a sentire queste sciocchezze, devo tornare presto a casa!”. E detto questo si lasciò dietro le spalle l’albero.

La piccola iniziò a sentirsi un po’ stanca e voleva cercare un luogo dopo poter riprendere fiato. Cammina cammina arrivò in una zona dove pareva che i sibili e i fischi si fossero acquietati, ma ancora una volta le tornarono in mente le parole delle anziane del villaggio “E non fermarti in zone troppo silenziose: sicuramente sarai nei pressi di Rami Imperfetti che cerca di attirarti con la sua finta tranquillità”; la piccola riconobbe allora il pericolo e anziché fermarsi corse ancora più velocemente.
Così arrivò ai piedi di una maestosa e imponente quercia: si, era proprio Quercia Nera, la Regina degli Alberi Parlanti. Nonostante tutti gli ammonimenti delle buone ziette, Caterina non poté resistere dal fermarsi ad ammirare quell’albero tanto maestoso e proprio come avevano raccontato in paese, poco dopo iniziarono ad udirsi sibili, fruscii e poi vere e proprie frasi: “Tuuuu, buona a nulla, piccola bambina incapace”, rituonava per tutto il bosco “Nessuno ti ama! Nessuno ti vuole! Sei solo una piccola nullità, un’indegna ragazzina! Nessuno si accorgerà della tua mancanza ora che sei smarrita in questo bosco incantato … Non sei capace di fare nulla di buono, né a casa, né a scuola e lo sanno tutti … tutte le persone che ti conoscono ti disprezzano …”

All’udire tali parole gli occhi della piccola bambina si velarono di lacrime e il suo cuore si riempì di tristezza: iniziava a credere a ciò che sentiva; anzi, si ricordò che una parte di sé conosceva da sempre queste frasi e vi aveva sempre creduto … Quante volte le aveva già udite? Ogni volta che prendeva un brutto voto, ogni volta che dimenticando che era tardi, presa dai giochi, rincasava quando era già buio e la mamma la sgridava, ogni volta che maldestra come era, rompeva qualcosa e il papà la guardava torvo … Bhè, se anche Quercia Nera sapeva tutto ciò, senz’altro vi era un fondo di verità … Ma proprio mentre stava scoppiando in singhiozzi, le cadde di mano il quaderno della scuola, aperto alla pagina degli esercizi del giorno.
Sulla pagina, scritto ben grande in rosso, vi era il bel voto preso durante la lezione e la frase di incoraggiamento della maestra: “Bravissima! Continua così!”, Caterina si ricordò di quanto era stata contenta a ricevere quel voto e il complimento della maestra, che le aveva fatto anche una carezza, e di come non vedeva l’ora di tornare di corsa a casa e mostrarlo alla mamma, al papà, alle zie e a tutto il villaggio. Si ricordò di quanto tutti fossero contenti ogni volta che tornava con delle belle notizie, l’abbracciavano, la baciavano e le facevano dei complimenti “Ma che brava la nostra piccola, quante risorse che ha!”. E si ricordò che effettivamente nel villaggio tutti le volevano bene e la incoraggiavano sempre, nonostante spesso combinasse delle belle marachelle: “Ma com’è tenera la nostra Caterina, come cresce bene; eh sì, è una furbetta, ma così adorabile!”.
Si ricordò della mamma, di come le fosse sempre vicina, del suo sguardo pieno d’amore e tenerezza, anche le volte in cui la rimproverava, e del papà, di come fosse orgoglioso di lei; e si ricordò delle anziane zie, che ogni sera, davanti al fuoco, le raccontavano antiche storie che, dicevano, l’avrebbero fatta crescere forte e saggia “perché per questo sei nata, piccola bimba”.
Caterina allora fece un gran respirone, si asciugò le lacrime, alzò la testa e guardò verso la Quercia: “Ti sbagli di grosso albero! Io sono molto amata! E non sono per niente una nullità: certo, combino qualche pasticcio ogni tanto, come ogni bambino, ma sono piena di doti! Questo mi dicono tutti quelli che mi amano! E io credo a loro che conosco da sempre, non a te!”.
E senza farsi acciuffare dai rami che si abbassavano per intrappolarla, Caterina si avviò velocemente verso l’uscita del bosco.
Aveva smesso di piovere e un bell’arcobaleno incorniciava il paesello. Il papà era fuori dalla casetta che scrutava la strada aspettando che la bambina apparisse all’orizzonte.
Quando la vide uscire dal bosco le corse incontro, felice e spaventato, ridendo e piangendo: come aveva potuto Caterina attraversare incolume il Bosco degli Alberi Parlanti? “Come aveva fatto?”, si chiedeva tutto il paese …

Quella sera, davanti al fuoco, anche la bambina aveva una storia da raccontare, mentre le ziette ascoltavano a bocca aperta: “Sapete, non è così difficile non farsi ingannare dagli Alberi Parlanti”, diceva “Ho capito infatti che loro conoscono le nostre paure: la paura di non essere amati, la paura di essere dei buoni a nulla, la paura di non essere riconosciuti… e ci intimoriscono con quelle … Ma la verità li fa stare zitti! Basta conoscere e dirgli la verità! E la verità è che voi mi amate, che non è vero che sbaglio sempre tutto e che anche quando faccio degli errori, mi volete bene lo stesso. E non ho bisogno di falsi complimenti, perché basta già quello che sono. Io ho solo detto questo: la verità. E sono riuscita a scappare”.
Ecco il segreto per scappare dalle grinfie degli Alberi Parlanti: un villaggio amorevole, mamma e papà affettuosi, vecchie zie che raccontano storie la sera e mettono in guardia i bambini, maestre che incoraggiano … e la verità: che ognuno di noi ha dei doni ed è speciale!