Davide Nicotra - Poesie

La coppia fortunata.

 

Il tuo pastore è già quel ragazzo che ha piegato le ginocchia a chiederti scusa

Lui che il sabato carica in macchina la bici per una corsa sterrata

Mentre tu sbuffi, allora si compiace di catturare i tuoi cenni vispi.

E quel ragazzo ti da la destra sia che si passeggi nel giorno per dichiararsi cosa unica,

sia di notte dove la luce del desiderio,viva dentro, sembra persa nel buio delle piazze.

Beata,tu hai chi ti chiama amore davanti ai preti

Beata te,negli sbalzi d’umore e ridicolo bisticcio

Beata,tu semplice all’amore

Splendi di un equazione bellissima scritta sulla spiaggia,

dolce l’ha formulato un ramo stretto dalle dita di un uomo che fa delle sue mani le tue vesti.

Te così bella,amabile sostanza,sorridi

Lo vedi che ti basta un uomo ad avere vacanze e dimora?


Mia arca in arme e cara.

 

Italia strana mia bella

Silloge d’Europa cornuta

Atena tu sei ed il nord ricciuto è Zeus padre

L’adirato ingannatore.

E tu pure inganni,lo fai piacendo ai tanti

Delizie e penitenza tu canti

Dimostri dell’universal’ genia degli uomini,

I marmi in festa

Le piazze

E Gli inguini bianchi.


Sputtanandomi.

 

Dovevo per forza sputtanarmi perché rimanessi inattaccabile,

fedele

il seme mio soltanto,

Più vero ossia,più recondito.

Ho quindi sparso una pessima idea delle mie condotte così da restare autentico ai fatti.

Ed ero subito la Russia che in guerra contro l’imperatore si risolse,

pazza

A distruggere i suoi fianchi stessi.

Inarrestabile opera la dialettica del tutto.

E lunga,lunghissima opposi la resistenza

Il silenzio però mi prese a tremare nella follia,il parlare mi faceva sentire lordo.

Urge adesso che io stia bene al di là di tutti ,al di là di tutto

Restano aperte due vie: difendere qualcosa condannando le altre

Non difenderne nessuna sperando di salvarne a chiazze, qua è là, alcune ed ignote.

Ebbene,odiatelo pure ed in lui soneranno ninnananne,

amatelo e li creperanno le orecchie d’inferno.


Normale,mortale.

 

D’autunno è normale

Dal prugno scendono via le foglie

Dalle tempia lo stesso fanno le gioie d’estate.

Cadono dolori e penitenze.

Si perdono i capelli,

persino può succedere di morire, nonostante l’oroscopo del giorno annunci belle imprese

quelle che accidenti ,migliori non c’è n’è.

Talvolta se gl’indici grattano il capo

Si spiaggia uno sbuffo di secca sulle spalle.

Tutto quanto in fondo pare così normale che non si riesce a comprendere i silenzi

I silenzio di Didone e d’Aiace.

Ora sullo scrittoio di Dio ci sono portamatite,orologi,

e cornici,come in uno studiolo degno di tal nome,

cornici dunque e due foto,le più grandi

Grazie l’una ,l’altra è perché.

Estasiato di tanto in tanto le afferra un putto vagabondo

<oh sire,per Bacco ,che bella pariglia>.


Liu Xiaobao.

 

Un aspirante valente suicida acclamato come eroe della pace.

Quante unghie hai già lasciato alle cortecce dell’albero ma l’albero si scopre segatura?

Il caos solo col bacio del tempo diviene ordine e giustizia.

Di tanta pochezza vantiamo la nostra padronanza che conviene abbandonare ogni rabbia,

pure quella sublimata in gavotte e belle strofe?

Pare che più che le porte contino ormai soltanto le finestre

Senza parole però del mondo sarebbe tutto azione

E se tutto fosse azione invero niente mai più lo sarebbe.

Evviva, diritto! animo e via.


Le nespole.

 

L’uomo d’amore è d un giallo affine all’arancione

Potessi ancora seguirlo troveresti lui,come velato di rapidi veli :

La sua sostanza di nespola.

Forse sarai incapace di comporre li schizzi del Giappone

I fiori senza troppe pretese,

I nervi di haiku che del ben coniugare ,dei verbi fan minute spese.

Lascia agli dei le pignolerie d’un voce,il tuo frutto chiede sagoma

immediato contorno,prossimità ed approssimazione

E la nettezza d’un nome giallo verissimo,

quasi Turner ,una scoperta fra la ruggine.


 

Due ore al giorno.

 

Prendersi cura del giardino ,è il modo migliore per conoscere se stessi,le cosmologie dei sassi reconditi.

Guarisci dalle violenze,

Guarisci dalle invidie,

E guarisci da quella eternità che in bocca ai più sfrontati

bolle di goffissimo magma e perfido acciaio

Che porta il nome di noia,troia dei potenti

Il suo dolce odor di Musa.


 

L’ascensore.

 

Voglio, do forma alle tue gambe ed ai carichi di mele sulle brocche

Perché tutto quanto non esiste o vero c’è mancando,

così le dipingo né mi stancherò mai di dirti bella

di segnare a dito il nulla che qui e lì berluccica.

Non hanno senso traffico e comignoli e vecchiette,fuori dalla finestra

Chè in ogni cosa immensa il senso non sa d’esistenza:

fuor di mente appunto perciò immensurabile immensa.

Posso a stento comprendere una quotidiana cura,di quello che guida,ora fischiando ora folto di vaffa

Alla sua fretta dico,che per sua natura arriva se arriva,sempre tardi comunque brucia ogni primavera.

Se tuttavia salgo al secondo piano,dal caveau di vetro t’uccido frenesia

Il divino c’è l ho in bocca

Serenissimo ed è com’insensato.


 

Confini.

 

Ride

<ti piace il barista?>

E non posso che guardare oltre il banco,i suoi occhi di sovietico palazzo

No subito affretto,mi piace Maicol.

<Ma è ètero,lo sai>

No,falla breve,direi invece che è amabile.

Quando si sta bene a mezze maniche però vi son giorni in cui il tiglio convive col ligustro.

Ve’ ve’ dai, guardiamoci un pò

At the end this is a little story soltanto.


 

Eterno straniero.

 

Quando davvero vorrò conoscerti sarà certo troppo tardi,

non la mia lingua andrà violando le tue stanze tanto a fondo

mai bene come il fumo che sceso in gola, ti ha ruffianato il cuore da gran pezzo.

Ti saprò mio quando quanto di più pondo in me sarà incenso

Allora cadendo nel tuo respiro cammino al canto d’Orfeo pallido

Torna zitto all’aureo lume .