Ela - Racconti

“La nuova teoria della precisione”

 

“Il senso di inadeguatezza. Non c’è nulla che distrae l’uomo dal guardare la realtà come lo distrae il pensare che quello che accade non è adeguato.  E’ una sorta di feticismo. Di elogio masochistico dell’inadeguatezza. E nessuno ne è immune. Almeno a tratti. Del resto è normale. La distrazione dico. Una continua rincorsa dell’aspettativa non può che comportare una drastica riduzione dello sguardo su ciò che nel frattempo accade. Sentirsi adeguati è faticoso. Ti viene l’affanno. E’ come dover sempre cercare di annerire i puntini. Come quelli della settimana enigmistica che tutte le nonne italiane hanno in quelle borse da spiaggia che profumano di protezione solare. La protezione dell’annerire i puntini. Del resto, sembra facile. Hai uno schema più o meno geometrico diviso in tante piccolissime parti. E in tutte c’è un puntino nero che ti ricorda di annerire ogni singolo spazio. Un puntino nero che ti conforta. Perché ti dice dove devi andare. Cosa devi fare per adeguarti all’aspettativa. Se li annerisci tutti comprendi il significato della figura. Ecco. Hai finito. Sei realizzato. Con i puntini. Questo fa il senso di inadeguatezza. Crea innumerevoli schemi da annerire. Uno per ogni azione della vita. Sì. Anche sparecchiare. Casalinghe mi spiace ma non siete immuni. Facile? Comodo? Adesso vediamo. Se per caso non riesci ad annerire tutti i puntini, o ancora peggio, non riesci ad annerirli nell’ordine che vuoi o se, addirittura, la figura che crei con così tanti affanni non corrisponde a quella che ti aspettavi, ti senti perduto. Abbandonato. Insomma. Sei fottuto. Non riesci a comprendere il significato di tutti i singoli annerimenti. Non riesci a capire la tua utilità. Ecco qui. Inadeguatezza. La conseguenza dei puntini. Ancora facile annerire? Passo successivo. Ti incazzi. Lei al momento era così. Anneriva i puntini. E si incazzava. A scatti. Anzi. A pois. Ma poi succedeva una cosa che sbiancava i puntini. Succedeva che c’era un’altra persona di fronte a lei che, invece, si accorgeva. Quello di fronte a lei, semplicemente, si accorgeva perché non era distratto. In quel momento, non stava annerendo. Stava osservando. Stava osservando la realtà. Stava osservando lei. Lei che anneriva i puntini. Lei che in ogni azione di quel pomeriggio cercava di compiacere un’aspettativa. E all’osservatore non gliene poteva fregare di meno di annerire i puntini. Perché l’osservatore stava sorridendo. Anzi. Stava sorridendo a lei. E poi la prendeva in giro. E la abbracciava. E allora succedeva che anche lei sorrideva. Sorrideva perché in quel momento non stava più annerendo. Sorrideva perché si era accorta. Si era accorta di lui. Insomma. Lei aveva aggiustato la mira. Perché mentre anneriva lei sapeva solo quello che voleva. Ma mentre guardava e sorrideva aveva capito, almeno per un secondo, quello di cui aveva bisogno.”


 

 “Proposte per una società attiva”

 

“Non è che me la ricordo. Io la sento ancora sulla pelle quella paura. Era la paura di non poter continuare a studiare dopo il liceo. Ed era cosi forte non perché si debba per forza continuare a studiare per essere contenti. Ma solo perché mi ero appena innamorato di quello che facevo. Del mio liceo. Del fatto che avevo davvero incontrato delle persone che mi stavano insegnando qualcosa. Il mio desiderio era quindi quello di poterne incontrare ancora. Il mio desiderio si chiamava Università. Ma le condizioni economiche di famiglia in quel momento non contemplavano questa possibilità. Perché per poter continuare a studiare avrei dovuto anche lavorare. Ma non sarebbe bastato volantinare o fare qualche lavoretto saltuario. Ci voleva quella parola con cui tutti gli italiani a fine mese si riempiono la bocca e anche la pancia. Stipendio. Ma i giornali, le televisioni, i sindacati (con tipo una manifestazione di piazza a settimana…i baffi di Cofferati erano sempre live in tutti i telegiornali) rappresentavano una realtà che non pareva consentire di poter anche solo immaginare di trovare uno stipendio. Per di più con un diploma di liceo classico che, in quel momento, più che un titolo di studio sembrava un untore di disoccupazione. A casa si leggeva la stampa. La sfogliai e in una delle prime pagine si parlava degli effetti positivi che, secondo il giornalista, stava portando un Decreto Legislativo approvato quasi due anni prima. Dlgs. 276 del 10 settembre 2003 – cd. Legge Biagi. L’articolo citava il titolo che il gruppo di lavoro del Prof. Biagi aveva dato a quel progetto. Si chiamava “Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia. Proposte per una società attiva”. Io di effetti positivi, però, non ne vedevo neanche un po’. Era anche vero che questo Biagi parlava di “proposte per una società attiva”. Non parlava di “proposte per uno che sta seduto a leggere la stampa”. Decisi di dare fiducia a quel professore attivandomi. I miei risparmi ammontavano a circa 800 Euro. Per l’iscrizione all’Università ne servivano circa 700. Mi iscrissi. Proposte per una società attiva. Andai in edicola e invece di comprare la stampa comprai un settimanale. Si chiamava “Il Lavoro” (non so se esista ancora). Tutti gli annunci chiedevano l’invio di un cv. Ne preparai uno. A mano. Su un foglio a quadretti. Credo che non sia mai stato redatto un cv in una forma peggiore di quella che usai io. Ne inviai due o tre via fax. Iniziai i corsi all’Università. Ma non avevo i soldi per comprare i libri dei tre esami che avrei dovuto dare nel primo semestre. Passavo tutti i giorni davanti alla vetrina di una libreria e li guardavo. Penso che quella della libreria sia stata la vetrina che ho guardato per più tempo nella mia vita. Intanto, ascoltavo le lezioni dei vari Prof prendendo appunti. Studiavo solo su quelli. Proposte per una società attiva. Dopo due settimane uno dei miei orrendi cv aveva avuto incredibilmente successo. Mi stavano offrendo la creatura più odiata del momento. Il famigerato “co.co.pro”. Per chi non ha vissuto quegli anni, la traduzione è “contratto di collaborazione a progetto”. Introdotto dalla Legge Biagi al posto del co.co.co. Una roba che i baffi di Cofferati ogni volta che pronunciava quella parola sembravano elettrizzarsi come se Raiden di Mortal Kombat lo avesse fulminato. Iniziai a lavorare. Il primo stipendio arrivò a dicembre e finalmente comprai i desideratissimi libri. Proposte per una società attiva. Dopo un anno trovai un lavoro migliore affidandomi ad un altro spauracchio del Baffone. Le odiate agenzie interinali che, a seguito della Legge Biagi, stavano spopolando. Il contratto di lavoro interinale era migliore di quello a progetto. Avevi le stesse tutele e gli stessi diritti di chi aveva un contratto a tempo indeterminato. Gli studenti avevano dei permessi pagati per assentarsi dal lavoro nei giorni dell’esame e delle ulteriori ore che potevano prendersi per studiare. Il Baffone diceva che le agenzie interinali, a seguito delle Legge Biagi, sarebbero diventate la tomba del contratto di lavoro a tempo indeterminato e il trionfo della precarietà. Il Baffone, almeno con me, si sbagliò. Proposte per una società attiva. Dopo un anno di contratto interinale, la società per cui lavoravo mi propose un contratto a tempo indeterminato. Accettai. Ero al terzo anno di Università.  Il Baffone, nel frattempo, non c’era più. Un giorno mi chiamò l’ispettorato del lavoro. Mi dissero che avevano riscontrato delle violazioni della Legge Biagi nel contratto a progetto che il mio precedente datore di lavoro mi aveva fatto stipulare. Convocato, mi recai dall’ispettrice del lavoro. Questa mi spiegò che la Legge Biagi prevedeva un risarcimento del danno in danaro o l’assunzione a tempo indeterminato ogni volta che un datore di lavoro proponeva un contratto a progetto mentre, in realtà, la mansione affidata era, di per se, destinata a protrarsi a tempo indeterminato.  Accettai il risarcimento in danaro. Avevo, infatti, già trovato un impiego a tempo indeterminato. Proposte per una società attiva. Poi mi laureai e decisi di abbandonare quel contratto a tempo indeterminato per iniziare a fare il lavoro per il quale avevo studiato. Questa volta non sarebbe servito un contratto creato o riformato dal Prof. Biagi. Ma solo una banalissima partita IVA. Proposte per una società attiva. Grazie di tutto Professore. A Marco Biagi. Eroe del lavoro.”


 

 “La pretesa delle ex”

 “Ma come? Non ascolti più i cd che ti preparavo io?” Pretesa che forse avrete occasione di ascoltare da una ex quando risalirà dopo anni sulla vostra auto. E comincerà a rovistare in qualunque vano, cassetto, fessura alla ricerca dei cd, arrogandosi tal diritto perché una volta quell’auto lei la considerava anche sua (non importa se nel frattempo voi avrete magari cambiato svariate auto. Sarà il concetto metafisico di “vostra auto” che lei considererà suo). Un occhio al c.p.p.…e…sì….starete effettivamente subendo una perquisizione. Inutile spiegare che: 1) sono passati molti anni e avete avuto altre ragazze che facevano cd. 2) Non volete che la vostra auto diventi il mausoleo delle canzoni preferite delle ex (potete salvare, al limite, quelle di Dalla e dei Beatles. Ma lei quelle canzoni non ve le ha comunque mai messe). 3) E’ vero. Steve Jobs è effettivamente morto. Ma ha comunque fatto in tempo ad inventare l’Ipod. 4) Ormai quelle canzoni le potete considerare revival. E di revival a voi piace solo Mou che torna al Chelsea e, al limite, Mancio che torna all’Inter. 5) Lei nei cd metteva quasi solo colonne sonore di cartoni animati e Mulan non è, francamente, mai stato il vostro idolo. 6) Se l’avete lasciata voi un motivo ci sarà..o no? Un solo consiglio pratico: non dite mai queste cose mentre lei è ancora nella vostra macchina. Non ve ne libererete più. Terminate il viaggio. Andate a casa. E poi, finalmente, preparatele un cd.”