Il giorno migliore che attendevo
Mi hai detto di guardare
il cielo stanotte,
che mi verrai incontro
lungo la Via Lattea
ed io ti aspetterò,
non dubitarne!
E poi ti vedo arrivare …
Un miraggio incantevole,
la calma apparente
del mio essere,
la vita che dimentica
la morte,
l’amico, l’amante, il marito:
tutto questo sei tu per me,
il giorno migliore
che attendevo
per poter ricominciare.
Tu ascolti in silenzio
Ti sussurro i miei segreti
e tu ascolti in silenzio …
Tu non parli,
ma sento che ti muovi,
lentamente e in silenzio,
e sento il tuo odore
che mai mi abbandona.
Fai parte di me da una vita
e non me n’ero mai accorta.
Forse la polvere, forse l’ombra
Il tuo ultimo sospiro
è come di ieri,
ma è antico
e silenzioso,
mi riporta al glicine
della tua pergola,
a quell’acacia
che nello stesso
giorno viveva
e moriva.
E ora…
cosa sei?
Forse polvere
sulla testa
dei contadini,
forse l’ombra
che mi segue
la sera
nei vicoli
senza luce.
E i lividi di Alice furono viole
Era giovane Alice,
i sogni sepolti
da tempeste di sabbia,
spietato disincanto.
Eppure la amava,
quell’uomo che mai
così tanto ebbe amato.
Di Alice conosceva
i lividi della pelle,
la febbre, i rimpianti.
La amava
all’ombra dei pini,
nelle steppe
della sua esistenza.
Ne ebbe cura
come di sua
stessa ferita
e i lividi di Alice
furono viole,
la febbre
calore nuovo,
i rimpianti
le occasioni più belle
da vivere insieme.
Vetri freschi
Le case abbandonate,
l’oblio degli anfratti,
gli oggetti semplici
sono vetri freschi,
aprono un ricordo
poi una ferita
infine un pianto.
La piaga mia
è melagrana nuova,
si colma di sale,
brucia e guarisce,
si riapre, s’infetta
ad ogni aurora
quando ricordo
la strada dove tenevo
il tuo braccio
e tu nel palmo
tenevi le olive.
Questo è il mio peccato
Il tufo disfatto,
guardo attraverso…
Ti ho negli occhi
e mi risorge l’anima,
trasuda d’incenso,
t’accarezza la nuca
sudata.
È come una domenica,
il vestito tuo di gigli selvatici,
il vermiglio di un desiderio.
Questo è il mio peccato,
ma ti vorrei negli occhi,
sempre:
questa la mia redenzione.
La libertà che mi doni
Non sei mio prigioniero,
ma la libertà che mi doni,
il coraggio di essere ciò
che ho paura di essere,
gli inciampi
in cui mi riconosco
e che ci fanno grandi.
Quel parlare non serve
a volte,
quando t’arrampichi
sui miei pensieri
come edera
sui muri delle case
e io ti prendo l’anima,
la assedio,
la conquisto,
la divoro
perché ho fame
del tuo coraggio.