CAMMINANDO
Tutta questa gente,
tanta cupa solitudine,
tutte queste stelle descrivono
un lento gioco di luci,
eppure tanto buio
come barriera invalicabile.
Cammino indeciso,
aggrappato ai pensieri,
fra cose animate
dalle effigi precise;
mi porto a spasso
un corpo che disarma
in vestiti che risuonano
la nuda vastità dell’anima:
ricerco una dimensione
ed un volto inconsueto.
Scopro solo che
non ho qualcuno,
mi manca sempre qualcosa,
m’avanza sempre un sogno.
RICORDERAI?
Quando starò dietro al buio
che trattiene le stelle,
nascosta la mia forma d’uomo
fra la terra che mi chiuderà gli occhi
cercandomi l’ossa senza più suono,
ricorderai le ore che ci hanno aspettate
e i giorni inutili e gli anni perduti?
Saprai cedere al rimpianto
per le pazze frasi mai dette
rotolate nel silenzio,
per tutti gli amari baci trattenuti
morti su labbra che pur si cercavano
e tutti i miei sospiri
che forse udrai rantoli nella memoria?
Chiederai ancora una volta alle tue mani
di legare l’ultima carezza,
avrò ancora un ruolo nelle tue fiabe
quando, solitaria, inventi pazzi paesi felici
e poi, dimmi, ti stringerai ancora a te stessa
trascinandoti nella tua vita vuota?
Ricorderai, quando più non t’aspetterò
nell’inquietante stallo d’un’attesa crudele,
ormai stanco d’inseguirti nelle fughe dei tuoi segreti,
quell’oscuro ragazzo che ti amava
o verrai, infine, per il gelo della terra,
la dov’è più profonda e buia,
ad empirmi gli occhi, per sempre?
COM’E’ TRISTE!
Com’è difficile cercarti,
com’è snervante aspettarti,
com’è facile vederti in sogno,
com’è triste non trovarti nel mattino;
bambina mia.
.
Com’è triste doverti solo figurare,
pensarti inseguendo un’invenzione,
cercarti nascostamente nel buio della notte,
com’è difficile raccogliere la tua immagine;
fanciulla mia.
Com’è difficile dipingerti,
com’è triste parlare con qualcuno che non c’è
camminare in un dedalo di vie tutte uguali,
com’è pesante il passo;
donna mia.
Com’è triste cibarsi senza gusto,
com’è difficile così vivere,
com’è stanco il pensiero di rincorrerti,
com’è difficile così amarti.
Com’è triste tutto ciò, amor mio.
FAVOLA TRISTE PER CENERENTOLA: è la storia di una moderna, ritrosa Cenerentola che ha l’occasione di uscire dal suo guscio per andare a conoscere un ragazzo in ciò sollecitata da un’amica (la crudele fatina).Ma, all’appuntamento, si accorgerà di quanto questi sia frivolo, ozioso,immaturo,bruciando, così, al primo contatto con la realtà, il suo sogno.La scarpina, questa Cenerentola, non la perderà bensì la lascerà cadere in senso di rinuncia allorchè fugge per tornare a trincerarsi nella sua paura d’amare. Lei, ora, non vorrebbe però tornare alla sua quotidianietà, vorrebbe fuggirne, ma sarebbe solo una sterile fuga da se stessa: fuori dal suo territorio andrebbe perduta irrimediabilmente!.Mentre tornare ai suoi lavori domestici, senza mai perdere di vista i sogni, le farebbe tovare la sua naturale dimensione.Ma nei sogni bisogna indefessamente credere e, già, basta questa coesa fede a ripagarci con un corrispettivo in speranza da non disperdere mai: solo così Cenerentola avrà la sua favola dove, non un principe di latte, bensì un maturo Re le farà la corte e, financo,la sposerà. Questa Cenerentola vuole rappresentare le nostre dimenticate casalinghe che aspettano sempre e non chiedono mai, che accettano il loro ruolo con dignitosa compostezza .Oggi queste donne sono quasi anacronistiche ed è doverosa una loro meritoria rivalutazione.
FAVOLA TRISTE PER CENERENTOLA
Tu che prepari ogni altro nudo giorno
spargendo aroma di caffè intorno
allorchè il sole t’agghinda coi suoi raggi
e di altre illusioni i tuoi sogni foraggi;
tu che con fibre di tempo e noia
tessi la tua vita che ti nega ogni gioia
mentre scruti dalle grate di una soffitta il fuori
da una spelonca piena solo dei tuoi odori;
Cenerentola, attizza il fuoco ai tuoi sogni con la tua sventola!
Tu che fai un falò delle tue speranze
mentre viaggi tra le annerite stanze
spolverando mobili e suppellettili
e i tuoi pensieri insidiosi come rettili;
tu che acconci la notte sulla tua testa
mentre corichi il giorno gemente chiedendogli una festa,
che incalzata da una natura matrigna
accetti la tua cattiva sorte che alligna;
Cenerentola, Cenerentola cosa bolle nella tua pentola?
Oggi un principe darà un ballo
vai, fuggi dal tuo odioso stallo,
ti sia arco il tuo dolore teso,
ti sia freccia il tuo orgoglio indifeso;
non temere le braccia del tuo principe azzurro
là non ti scioglierai come nel tegame il burro;
non indossare la tua paura d’amare:
il mondo non è così’ brutto come ti appare!.
Cenerentola, fu però un principe di latte a bruciare il sogno nella tua pentola!
Rintocca mezzanotte e la tua festa è già finita
sempre più recalcitra da te la vita,
dal tuo sogno spezzato devi fuggire
per tornare ai tuoi vuoti giorni da riempire.
Lasciasti sulle scale la tua sfavillante scarpina
che dovevi restituire ad una crudele fatina
e la tua favola tanto s’impiglia
che non ti entra la tua povera scarpa per una gonfia caviglia.
Cenerentola fortuna ne hai avuta sempre poca
si benda gli occhi e con te capricciosa gioca,
ma dopo la corsa torna repente ai tuoi fornelli:
i sogni ancora da sognare sono sempre i più belli!
Torna a specchiarti nell’acqua dei tuoi piatti
di questa avventura lascia solo ricordi distratti
consumata l’ultima disillusione torna ancora alla finestra:
inventare pazzi paesi felici è la tua sorte maldestra!
Cenerentola, torna a mettere sogni nella tua pentola
e, vedrai, sarà un attempato Re a darti la favola
e così non preparerai più il rancio
nè batterai più tappetti dopo i tuoi fiori d’arancio!
CANZONE DELL’UOMO CO(S)MICO: vuole smitizzare la teoria dell’uomo cosmico che invece è solo un ridicolo punto infinitesimale d’infinito avvitato al suo nulla. Egli si muove comicamente nelle sabbie mobili della vita e tanto più si dimena tanto più va a fondo.Dilaniato dai tanti dubbi sulle sue origini, sul suo ruolo,sulla sua destinazione finale cerca l’alienazione per sfuggire a delle risposte che non riesce a trovare e che, invece, ne moltiplicano le domande. Così si aliena con le droghe, anche quelle virtuali (mass media,discoteche,falsi idoli), mette al mondo figli che sono solo il frutto insano del suo egoismo sui quali specchiarsi e proiettare i sogni che non è riuscito a concretizzare illudendosi, così, di rivivere e rivedere la vita già vissuta; dei testimoni del suo passaggio terreno allorchè sarà dipartito verso un agognato sogno nell’eternità. L’uomo è costretto a credere nella sua immortalità per poter sopportare il peso dell’esistenza perchè se pensasse che,anche l’attimo seguente, potrebbe morire non potrebbe dare il senso all’istante che vive.E’ così costretto a seguire le religioni che sponsorizzano l’eternità dell’anima o una resurrezione postuma del corpo; in fondo basta poco: basta comprare le loro ricette, spedire le loro cartoline per prenotare una tutina da cosmonauta dell’eternità!. C’è davvero una S di troppo in quell’aggettivo CO(s)MICO
CANZONE DELL’ UOMO CO(S)MICO
Nato da una remota esplosione o da una costola d’Adamo
comunque esiliato in quest’angusta fetta di mondo,
scimmia d’allevamento, cavia d’un esperimento arcano
per perpetuare la specie t’hanno fatto fecondo.
Avevi un paradiso che al gioco della mela hai perduto
confinandoti così in una steppa brulla
a scontare il peso d’un peccato non voluto,
condannato al vorticare centripeto del Nulla.
Ti credevi Re ma sei solo un ciambellano,
uomo d’incerto futuro e oscuro passato,
ti credevi gigante ma sei solo un nano,
pensavi di prendere ma hai solo dato!.
Baratti sparuti attimi di gioia col restante niente,
cerchi risposte ma trovi ancora perchè,
cerchi la vita e non trovi un movente
e allora aneli a un Dio che forse non c’è.
Non sai dove vai nè da dove vieni,
sei solo un vuoto a perdere da riempire
con droghe vere o virtuali finchè t’alieni
stringendo i tempi al tuo lento morire.
Uomo centro dell’Universo, uomo cosmico
che temi la morte quando ami la vita
che devi lasciare quando quasi l’avevi capita,
solo periferico punto d’infinito, uomo comico!.
Per aiutarti a trovare la tua dimensione
hanno inventato per te le religioni
per dirti che solo l’anima al corpo dà giustificazione
e piegare così al loro potere le tue azioni.
Ti hanno inculcato il concetto d’una vita manichea,
dottori dell’anima, infermieri delle tue piaghe,
nella loro benedizione solo trovi la tua panacea
mentre ti cercano il culo rovistandoti le brache.
Quando hai paura della vita ne hai meno della morte,
uomo che ti trinceri nel mito della tua immortalità
per non rassegnarti all’ineluttabile tua sorte
sognandoti cosmonauta d’un viaggio nell’eternità.
Uomo dai tanti dubbi e poche certezze
per colmare il vuoto della tua solitudine
elemosini una donna da cui comprare carezze
finchè il tuo amare s’arrende all’abusata abitudine.
E quando si consuma l’inganno dell’ultimo sorriso
le coltivi in grembo il seme della tua vanità
per le sorti d’un figlio che ormai hai deciso:
un biglietto staccato per uno spicchio d’eternità!.
Uomo cosmico alla ricerca del tuo clone
è forse questa l’ultima tua illusione?
Uomo comico che brami il tuo clone:
ma non ti accorgi di quanto sei coglione?
3)MANI- Le mani sono i terminali esteriori della nostra interiorità attraverso i quali esprimiamo i nostri controversi stati d’animo.Con la loro gestualità riescono ad esprimere un linguaggio universale che supera ogni barriera geografica, etnica o razziale. Ma, nonostante la loro eloquente esplicitazione, non riusciranno a spiegarci l’rrisolto e irrisolubile tema del mistero della nostra esistenza: il fluire implacabile della vita verso l’inganno certo della morte senza essere riusciti a dare un senso a questo passaggio obbligato.
M A N I
Mani armate in un gioco d’odio
al palio della violenza cercando un podio
o quelle d’un santo bucate d’amore
per filtrare peccati e lenirci il dolore,
mani incallite d’un contadino
già lerce di primo mattino
o quelle nude imploranti lavoro
per un dignità vestita di decoro,
mani sentenzianti d’un giudice
troppe volte d’ingiustizia sudicie
o quelle delicate da coprire con guanti
per non essere come quelle di tanti.
Mani che esprimono le nostre emozioni
certezze, amarezze, speranze e delusioni,
che ci svelano col loro linguaggio
le nostre paure, l’intenzionale coraggio.
Mani focose quando l’amore si svezza
così delicate quando è matura la tenerezza,
mani tremanti che implorano pace da un balcone
mentre altre con una valigetta minacciano distruzione,
mani sposate al dolore d’un frate pio
aperte sulle strade smarrite per Dio,
mani mendicanti d’un barbone
che rifiutarono la vita e ogni altra occasione,
mani sapienti armate di penna
a difesa dell’anima quando vacilla o tentenna,
mani giunte assorte in preghiera
più per rito che per fede sincera.
Mani per comunicare, mani per dire
che vivere è una colpa e l’espiazione il morire,
che ci orientano in questa Babele di Terra
UN VUOTO A PERDERE oppure STATO D’ANIMO.
Mi muovo in passi inutili e fermi
porto in giro ossa senza più suono
buone solo per i vermi
e l’anima s’ arrende all’abbandono.
Sono una batteria scarica,
un vuoto a perdere
buono per la discarica
non più usato a rendere.
Il tempo scandisce la mia noia
che mi nega ogni gioia,
ogni sorriso s’infrange sui denti
come in tutti i perdenti,
la tristezza m’accompagna
come un’ombra beffarda
verso un buco nero
che non conosce cielo.
Canta, non udita, la notte,
mi rovinano addosso silenzi ( ritornello 1)
distanti come eco di mari;
Oggi sarà come ieri
con gli stessi pensieri neri.
Il mondo mi ha chiuso le porte:
ho stretto solo mani corte,
ho abbracciato senza alcun afflato
coltivatori di illusioni
solo in certe occasioni
che solo prendono e mai hanno dato.
La mia anima è algida
e non c’è sole che la scalda
l’amore e l’amicizia sono valori
che non albergano in tutti i cuori.
Ogni fragranza di vita
é ormai sparita
vado lento verso la morte
come il giorno alla notte.
Al gioco della vita
ho perso la partita,
i miei sogni sono stati derisi
le mie illusioni deluse
non ho più carte da giocare
solo la solitudine da pesare.
Il carico di speranze l’ho perduto
ed il mio futuro è già passato.
Il sole scivola dietro la collina
e l’ angoscia sconfina Ritornello 2 o alternativo o finale recitato
nell’amaro senso di vuoto
da colmare con una lacrima, la notte.
QUELL’ULTIMO PRIMO BACIO
Dopo che il sole scivolò dietro il confine lontano
lasciando la scia di un tramonto purpureo,
scese una sera silenziosa e costellata
e la luna si ancorò tra due colline mostrandosi a metà.
L’aspettai all’uscita dal lavoro
e l’ansietà dell’attesa bruciava
anche il motore della mia vecchia cinquecento
mentre il mio cuore girava come un volante impazzito.
Ma, d’un tratto, eccola mirabile visione:
i suoi occhi riflettevano la luce delle stelle
e la loro lucentezza erano lo specchio della sua bellezza,
eccoli i suoi blu jeans stretti
che ne risaltavano le forme di donna incipiente,
ecco l’ondulare dei lunghi capelli al bacio tenero del vento.
Salì in auto stendendosi sul sedile posteriore
accovacciata come una preda che fugge dal suo cacciatore.
Fermata l’auto, in un vicolo buio,
salì davanti per svelarmi le virtù dei suoi incanti.
Mi avvicinai per specchiarmi nei suoi occhi oceanici
ma lei chiuse con mossa felina quella finestra illuminata
e mi aprì repente la porta accogliente della sua bocca.
Ed io, in quel varco aperto, entrai in punta di lingua
quando, dai suoi denti socchiusi, mi lanciò la sua
con le movenze brucianti proprie d’un rettile
profondendo nella mia bocca i suoi odori travolgenti
e quell’umidità a forma di schiuma detergente.
Era spuma di mare che mi travolgeva
ma io lottai tanto per stare sulla sua onda e non esserne naufrago.
Non so per quanto tempo durò ma fu sempre poco.
Ad un tratto lei si staccò e si ricavò un’alcova tra le mie braccia.
Quante volte avevo sognato di tenerla tra le mie braccia!
Finalmente un mio sogno diventato realtà!
Eccola la sua tenerezza ormeggiata nel porto sicuro del mio cuore,
ecco il suo cuore distribuire nel mio petto i doni della grazia.
Ora gocciolavano silenzi e domande che non cercavano risposte.
Fu quello un momento ancorato nell’estasi.!
Poi la sua già esile voce si fece flebile e lenta ,
i suoi slanci passionali dominati dalla voglia di oblìo,
le gambe pigre, le ginocchia , le spalle:
le sue membra tutte persero nerbo fino al loro riposo;
eccolo il suo primo orgasmo di donna,
ma anche di voglia di tenerezza che mai aveva conosciuta.
Quante carezze finite su quel viso soffice,
con le mie labbra secche le sue ancora umide asciugai,
poi le lisciai i suoi capelli di grano tutti raccolti
che avrei voluto sciogliere per baciarli ad uno ad uno .
Era più della dorata testina che stringevo,
il suo corpo acqua pura e calda,
il suo sangue terra viva,
la sua bocca territorio infinito di baci:
lei era fatta di tutte le cose!
Poi, quando si riebbe, ruppe quel magico silenzio
chiedendomi “ chi ti ha insegnato a baciare?”
ed io “e tu come lo sai che so baciare?”.
Ma quel bacio lo imparai dalla sua bocca
e lei dalla mia.
Ma i momenti belli hanno le ali lunghe
e volano veloci rincorrendosi sfrenatamente
per negarti anche la gioia di gustarli.
Intanto la luna era più piena dietro le colline
e le stelle si dividevano il cielo a frotte
per illuminare quella magica notte
quando una fanciulla ed un ragazzo,
mano nella mano ed i cuori in subbuglio,
attraversarono il loro nudo sogno d’amore
verso l’altra riva per vestirlo di realtà.
Preoccupata dal ritardo,
cercando di ricomporsi ,
risalì repente sul sedile posteriore
e l’accompagnai nei pressi della sua prigione
dove rimase segregata per quel colpevole ritardo.
Fecero terra bruciata intorno a noi:
I lavori forzati in casa fu il suo nuovo lavoro,
Cenerentola fu il suo nuovo nome
ma con una favola triste per destino.!
Il loro sogno di toccare una sponda reale
rimase incagliato nel guado
perché una crudele corrente la trascinò via
mentre lui immobile ristette a contemplare
la sua mano nuda e a piangere la sua sconfitta.
Si specchiò in quell’acqua amara e torbida
alla ricerca dell’immagine di sé che più non percepiva,
ed, allora, ritracciò fino alla riva da cui era partito con lei
e decise di aderire alla realtà della vita, quella vera,
rinnegando quella sognata.
Ma se fisicamente andò via, in quel guado
lasciò la sua ombra ostinata ad aspettarla,
nella speranza che un reflusso gliela restituisse.
E dire che io e lei, divisi da tutto e da tutti
dovevamo solo amarci!
Le bollicine dei suoi diciassett’anni
quel suo profumo pungente di aria frizzantina,
i suoi slanci incontenibili, la sua voglia sfrenata di vita,
la sua silenziosa domanda di libertà, la sua voglia d’amare,
la sua dorata verginità, furono per me
il più umile fiore che non colsi!
Fu quello il nostro primo ma anche ultimo bacio!
La storia dirà che fu d’altro,
fu altro a percepire l’odore del suo corpo
quando s’offrì al giuoco sfrenato dei sensi
e ne colse i gemiti al culmine del piacere
predando così tutti i tesori incastonati alla sua purezza,
che tanto cantai coi miei poveri versi,
con quelle sue ruvide mani d’artigiano ?.
Dell’idillio di quella sera
ricordo anche che non mangiai né bevvi
per lasciare ad oltranza
alla mia bocca il dolce sapore di quel bacio!
E dire che io e lei, divisi da tutto e da tutti
dovevamo solo amarci!
Conobbe il naufragio il nostro amore
alla mercé della furia degli elementi,
non ci fu destino che lo condusse
al porto dell’amore!
Fummo due granelli di sabbia di spiagge diverse,
due atolli sperduti in mari diversi,
due attori con le stesse battute
recitanti su palchi diversi,
due passeggeri della vita che fecero
solo un tratto di strada insieme per poi perdersi.
Sì, fummo due rette parallele
che s’incontreranno solo all’infinito!
Ma, amare davvero e con pienezza di cuore,
non è forse come portarsi ai bordi dell’infinito?
QUELL’ULTIMO PRIMO BACIO
Dopo che il sole scivolò dietro il confine lontano
lasciando la scia di un tramonto purpureo,
scese una sera silenziosa e costellata
e la luna si ancorò tra due colline mostrandosi a metà.
L’aspettai all’uscita dal lavoro
e l’ansietà dell’attesa bruciava
anche il motore della mia vecchia cinquecento
mentre il mio cuore girava come un volante impazzito.
Ma, d’un tratto, eccola mirabile visione:
i suoi occhi riflettevano la luce delle stelle
e la loro lucentezza erano lo specchio della sua bellezza,
eccoli i suoi blu jeans stretti
che ne risaltavano le forme di donna incipiente,
ecco l’ondulare dei lunghi capelli al bacio tenero del vento.
Salì in auto stendendosi sul sedile posteriore
accovacciata come una preda che fugge dal suo cacciatore.
Fermata l’auto, in un vicolo buio,
salì davanti per svelarmi le virtù dei suoi incanti.
Mi avvicinai per specchiarmi nei suoi occhi oceanici
ma lei chiuse con mossa felina quella finestra illuminata
e mi aprì repente la porta accogliente della sua bocca.
Ed io, in quel varco aperto, entrai in punta di lingua
quando, dai suoi denti socchiusi, mi lanciò la sua
con le movenze brucianti proprie d’un rettile
profondendo nella mia bocca i suoi odori travolgenti
e quell’umidità a forma di schiuma detergente.
Era spuma di mare che mi travolgeva
ma io lottai tanto per stare sulla sua onda e non esserne naufrago.
Non so per quanto tempo durò ma fu sempre poco.
Ad un tratto lei si staccò e si ricavò un’alcova tra le mie braccia.
Quante volte avevo sognato di tenerla tra le mie braccia!
Finalmente un mio sogno diventato realtà!
Eccola la sua tenerezza ormeggiata nel porto sicuro del mio cuore,
ecco il suo cuore distribuire nel mio petto i doni della grazia.
Ora gocciolavano silenzi e domande che non cercavano risposte.
Fu quello un momento ancorato nell’estasi.!
Poi la sua già esile voce si fece flebile e lenta ,
i suoi slanci passionali dominati dalla voglia di oblìo,
le gambe pigre, le ginocchia , le spalle:
le sue membra tutte persero nerbo fino al loro riposo;
eccolo il suo primo orgasmo di donna,
ma anche di voglia di tenerezza che mai aveva conosciuta.
Quante carezze finite su quel viso soffice,
con le mie labbra secche le sue ancora umide asciugai,
poi le lisciai i suoi capelli di grano tutti raccolti
che avrei voluto sciogliere per baciarli ad uno ad uno .
Era più della dorata testina che stringevo,
il suo corpo acqua pura e calda,
il suo sangue terra viva,
la sua bocca territorio infinito di baci:
lei era fatta di tutte le cose!
Poi, quando si riebbe, ruppe quel magico silenzio
chiedendomi “ chi ti ha insegnato a baciare?”
ed io “e tu come lo sai che so baciare?”.
Ma quel bacio lo imparai dalla sua bocca
e lei dalla mia.
Ma i momenti belli hanno le ali lunghe
e volano veloci rincorrendosi sfrenatamente
per negarti anche la gioia di gustarli.
Intanto la luna era più piena dietro le colline
e le stelle si dividevano il cielo a frotte
per illuminare quella magica notte
quando una fanciulla ed un ragazzo,
mano nella mano ed i cuori in subbuglio,
attraversarono il loro nudo sogno d’amore
verso l’altra riva per vestirlo di realtà.
Preoccupata dal ritardo,
cercando di ricomporsi ,
risalì repente sul sedile posteriore
e l’accompagnai nei pressi della sua prigione
dove rimase segregata per quel colpevole ritardo.
Fecero terra bruciata intorno a noi:
I lavori forzati in casa fu il suo nuovo lavoro,
Cenerentola fu il suo nuovo nome
ma con una favola triste per destino.!
Il loro sogno di toccare una sponda reale
rimase incagliato nel guado
perché una crudele corrente la trascinò via
mentre lui immobile ristette a contemplare
la sua mano nuda e a piangere la sua sconfitta.
Si specchiò in quell’acqua amara e torbida
alla ricerca dell’immagine di sé che più non percepiva,
ed, allora, ritracciò fino alla riva da cui era partito con lei
e decise di aderire alla realtà della vita, quella vera,
rinnegando quella sognata.
Ma se fisicamente andò via, in quel guado
lasciò la sua ombra ostinata ad aspettarla,
nella speranza che un reflusso gliela restituisse.
E dire che io e lei, divisi da tutto e da tutti
dovevamo solo amarci!
Le bollicine dei suoi diciassett’anni
quel suo profumo pungente di aria frizzantina,
i suoi slanci incontenibili, la sua voglia sfrenata di vita,
la sua silenziosa domanda di libertà, la sua voglia d’amare,
la sua dorata verginità, furono per me
il più umile fiore che non colsi!
Fu quello il nostro primo ma anche ultimo bacio!
La storia dirà che fu d’altro,
fu altro a percepire l’odore del suo corpo
quando s’offrì al giuoco sfrenato dei sensi
e ne colse i gemiti al culmine del piacere
predando così tutti i tesori incastonati alla sua purezza,
che tanto cantai coi miei poveri versi,
con quelle sue ruvide mani d’artigiano ?.
Dell’idillio di quella sera
ricordo anche che non mangiai né bevvi
per lasciare ad oltranza
alla mia bocca il dolce sapore di quel bacio!
E dire che io e lei, divisi da tutto e da tutti
dovevamo solo amarci!
Conobbe il naufragio il nostro amore
alla mercé della furia degli elementi,
non ci fu destino che lo condusse
al porto dell’amore!
Fummo due granelli di sabbia di spiagge diverse,
due atolli sperduti in mari diversi,
due attori con le stesse battute
recitanti su palchi diversi,
due passeggeri della vita che fecero
solo un tratto di strada insieme per poi perdersi.
Sì, fummo due rette parallele
che s’incontreranno solo all’infinito!
Ma, amare davvero e con pienezza di cuore,
non è forse come portarsi ai bordi dell’infinito?
RICORDERAI?
Quando starò dietro al buio
che trattiene le stelle,
nascosta la mia forma d’uomo
fra la terra che mi chiuderà gli occhi
cercandomi l’ossa senza più suono,
ricorderai le ore che ci hanno aspettate
e i giorni inutili e gli anni perduti?
Saprai cedere al rimpianto
per le pazze frasi mai dette
rotolate nel silenzio,
per tutti gli amari baci trattenuti
morti su labbra che pur si cercavano
e tutti i miei sospiri
che forse udrai rantoli nella memoria?
Chiederai ancora una volta alle tue mani
di legare l’ultima carezza,
avrò ancora un ruolo nelle tue fiabe
quando, solitaria, inventi pazzi paesi felici
e poi, dimmi, ti stringerai ancora a te stessa
trascinandoti nella tua vita vuota?
Ricorderai, quando più non t’aspetterò
nell’inquietante stallo d’un’attesa crudele,
ormai stanco d’inseguirti nelle fughe dei tuoi segreti,
quell’oscuro ragazzo che ti amava
o verrai, infine, per il gelo della terra,
la dov’è più profonda e buia,
ad empirmi gli occhi, per sempre?
UNA VITA NON BASTA
Per saldare i cocci delle crollate verità
col residuo mastice della minata volontà,
per brindare alle tue rare vittorie
e non ubriacarti restando lucido per altre glorie,
per raccogliere ogni tua sconfitta
e farne un pacco da spedire in soffitta
ma fermarti ad analizzarle fino ad averle capite
preparando così le tue sicure rivincite,
no, per tutto questo
una vita non basta!
Per capire fino in fondo la tua depressione
quel vuoto scavato da devastante frustrazione
o la manìa smodata senza bavaglio
fuoco breve consumato in un crudele abbaglio
e ritrovare la voglia di mischiare ancora le carte
per capire al gioco della vita qual’è la tua parte
e scagliare i muscoli del coraggio oltre l’intenzione
calpestando la viltà di vivere senza una ragione,
no,no anche per questo
una vita non basta!
Per capire i tanti vigliacchi sì sussurrati
e i tuoi pochi energici no gridati,
le tante scelte rinviate a domani
e poi delegate ad altre mani,
le troppe occasioni lasciate ad aspettare
quando dovevi prendere smettendo di dare,
per mantenere viva ogni tua scommessa
e rigiocartele ancora con fede indefessa,
no,no,no, anche per tutto questo
appena una vita non basta!
Per capire il Dio giusto da pregare
con tante religioni che ti vogliono insegnare
o quale fuoco incendiò i tuoi amori
dopo gli svaniti bollori, i sopiti ardori,
per guarire dalla voglia morbosa di sognare
accettando la realtà in cui sei costretto a stare,
per spiegarti il tradimento delle tue illusioni
e addolcire l’amarezza delle delusioni,
per schiumare tutta la tua rabbia rappresa
o sfogare tutta l’insoddisfazione implosa,
no,no,no, per tutto questo
una sola vita non basta!
Per spendere tutto l’amore che hai dentro
non ti può bastare l’avarizia del tuo tempo,
per capire che, forse, non c’è niente da capire,
per accettare che un’istante ti basta per morire
allora non sarà certo un’ora che ti può servire
nè i mesi o gli anni che ti potranno bastare…
no, tutta una vita non ti sarà sufficiente
per rassegnarti d’esser meno che niente!!
No,no,no per tant’altro e non solo per questo
viaggiare la tua sola misera vita non ti basta!!