Ignazia Vargiu - Racconti

E LA MADRE DEI VENTI

E LE INSOLITE QUATTRO STAGIONI

 

LA MADRE dei VENTI

La madre dei venti era una donna forte come il ferro, grassa e robusta come un elefante, sul viso spiccavano delle rughe molto marcate, quattro solcavano la parte destra del volto e quattro la parte sinistra, erano in tutto otto, tante quanti erano i figli. In un tempo lontanissimo, la donna partorì tutti gli otto figli in una sola lunga notte, erano gemelli, eppure, ognuno era diverso dagli altri; man mano che, il nascevano la mamma dava loro il nome: il primo lo chiamò: Levante, il secondo Ponente terzo Grecale, e così via, Maestrale, Mezzogiorno, Libeccio, Tramontana e l’ultimo Scirocco. Il mattino stesso, la donna si cinse la testa di raggi del sole, di alghe marine, di gelo d’alta montagna, e di una grande quantità d’umidità proveniente dal mare. Così coperta, la sua testa faceva fatica a entrare nella caverna che aveva scelto come casa riparo. Una volta cresciuti i figli maschi, gli chiamò a sé, li mise sull’attenti e prese a parlare con voce grossa e tremolante: Figli miei, è giunta l’ora di assegnarvi il vostro compito nel tempo, nello spazio e nel mondo.  loro la guardavano meravigliati, si chiedevano che lavoro sarebbe stato:


:- Vieni avanti Levante,

Lui fece un passo e dritto come un soldato disse alla madre di comandare :-Tu, sarai un vento debole e soffierai da est verso il Mediterraneo, ma sarai intenso al largo delle isole Balneari e ci metterai tutta la forza che hai,  quando nello Stretto di Gibilterra ti troverai; Levante, ascoltami bene, continuò la madre, tu sarai contemporaneamente fresco e umidiccio, porterai nebbia e piogge, sarai contemporaneamente fresco e umidiccio, porterai nebbia e piogge improvvise e se ti va, a secondo del tuo umore, in qualsiasi periodo dell’anno, agiterai il mare a tuo piacimento, ti devi anche divertire, quindi solleva una bella tromba d’aria marina.

:-Sono stata chiara?

Levante rispose di sì e indietreggiando si mise dietro agli altri sette fratelli. La madre dei venti rauca, con tono severo e assertivo, chiamò a sé il figlio Scirocco, anche lui fece un passo in avanti e stette sull’attenti, supplicando la madre di non dargli troppo lavoro

:- Madre cara, mi sento i polmoni deboli, lei rispose molto adirata

:- Sei sano, i tuoi polmoni con un solo soffio raggiungono la terra e molto più su. Guai a voi se lamentate o cercate di imbrogliare vostra Madre, la sua ira si fece tale, da emettere  aria fino a far cadere per terra gli otto figli, i quali si alzarono storditi, con i segni dell’alito della mammina; erano sudati, infreddoliti, accaldati, ghiacciati, umidi, la madre ordinò loro di stare sull’attenti e richiamò Scirocco :-Vieni fannullone.

Lui a testa china, chiese scusa e chiese alla donna di comandare

:- Tu, Scirocco, sarai un vento caldo andrai in Africa. Inizi dal deserto del Sahara e poi ti sposti in altre regioni del nord- Africa, mischierai nei tuoi polmoni aria calda secca con quella umida. Alzerai l’aria e la e la polvere e giocherai con le tempeste sul mediterraneo, se vuoi essere un po’ sadico, provoca scompiglio anche nella salute degli umani. La mamma, rise a lungo, e poi continuò: in primavera e in autunno soffierai sino a cento chilometri orari, ma raggiungerai il massimo del tuo soffio, nei mesi di marzo e novembre., chiaro?

Scirocco disse sì timidamente, e la mamma un po’ sorda urlò che non aveva sentito,

:-allora Scirocco?

:-Signora sì, urlo il figlio e arretrò dietro ai sei fratelli ancora senza servizio. La mamma, sedette su di una grande poltrona di pietra, scavata con il suo potentissimo soffio, era davvero intransigente, prese a guardare i sei figli e poi scelse di chiamare all’appello Maestrale, lui scattò e fu subito davanti alla comandante madre

:-Tu mio caro, dovrai  provocare scompiglio anche nella salute degli umani. Il donnone  rise a lungo, e poi continuò: in primavera e in autunno soffierai sino a cento chilometri orari, ma raggiungerai il massimo del tuo soffio gelido, nei mesi di marzo  e novembre, chiaro?

Maestrale disse sì sicuro di se,  la mamma un po’ sorda urlò ancora :- Cosa hai detto?

E lui urlò più energicamente:- Signora sì,

Anche lui si portò dietro ai fratelli. La mamma dei venti grugniva  solamente per farsi obbedire, in effetti in fondo al cuore suo amava  i figli, anzi ne era compiaciuta; anche se il suo modo di impartire gli ordini le piaceva da morire :-Maestrale torniamo a noi, ricordati che hai un secondo nome ossia Mistral, sei un vento freddo soffierai dal quadrante nord-occidentale, inizierai il tuo lavoro sulle coste della Francia meridionale e poi uscirai aprendoti come un ventaglio sul mediterraneo sino alla Sardegna e l’Italia centro Meridionale. Sarai violento, per molti giorni farai raffiche che supereranno i 120 chilometri orari, ricordati che almeno per centodieci giorni all’anno andrai ad importunare la Corsica con la Sardegna, Poi lanciati sul bacino tirrenico e sferza senza pietà il centro-meridione, agita i mari, spingi sulle acque sino a  creare le burrasche e con le mareggiate fai sputare il mare; sporca le spiagge bianche, sradica navigli e porti, curva le piante e scoperchia le case, figlio fa che tutti ti temano e si ricordino di te. Prima d’invecchiare ero io il vento di Maestrale, bada di farmi onore. Il figlio mostrò i possenti pettorali e gridò :- Signora madre sì .

:-Vieni tu Libeccio, il figlio si presentò a lei piangendo, tanto che le sue lacrime caddero sulla terra come grandine, allora decise di uscire allo scoperto sino a incontrare le nuvole e il sole. Aveva assunto la forma di un imbuto grigio, voleva vendicarsi del mondo intero, vide degli umani e rise

: -Adesso vi aspiro nel mio vortice, improvvisamente ci ripensò e rientrò a casa, con calma e andò dalla madre

: – Io vi ringrazio madre, per avermi messo al mondo, vi rispetto come capo famiglia, in coscienza confesso che non vorrei fare tanto male agli umani, neanche li conosco.

La madre dei venti  ne fu meravigliata, ed usò un altro tono nello spiegare a Libeccio il servizio che doveva svolgere

: – Tu andrai in Siria, per rispetto della usanza, perché anche se adesso sei qui, tu provieni dalla Siria, soffierai un alito umido su tutto il sud, tutti gli esseri viventi sentiranno un gran disagio nell’essere appiccicaticci, sudati, e spossati, hai capito figlio?                                                                   

:- Signora sì.

La donna gli rivelò che il suo secondo nome era Mezzogiorno, te l’hanno dato nell’emisfero australe, io ho dovuto accettare in quanto era una imposizione di Sua Eccellenza “Madre Natura“, anche tu fai parte dei venti che soffiano dal meridione, e aliterai caldo, sarete in tanti a lavorare al sud. La donna si riposò un attimo e poi fece il nome di Grecale, il figlio arrivò di corsa si mise sull’attenti :- Agli ordini grande madre : – Fai lo spiritoso figlio?

Lui si affrettò a dire di no

: – Non mi permetterei mai di osare tanto.

Disse Grecale, ridacchiando dentro di sé, perché, effettivamente, stava prendendo un tantino in giro la madre troppo altezzosa.

:-Lo sai che tu ti chiami anche Bora?

I fratelli si misero a ridere, pensarono che avesse il nome di donna, la madre li zittì con un solo sguardo, e aggiunse, ti chiamano Bora in quella terra a forma di stivale detta Italia, sei Grecale perché partirai dalla grecia i da lì soffierai un bel fresco in direzione nord orientale.

Il figlio salutò con la solita parola d’ordine “Signora sì.”La madre dei venti sbuffò e la polvere della grotta si sollevò in una sorta di mulinello, i figli si stropicciarono gli occhi, lei per la prima volta in vita sua chiese scusa, e sbadigliando la grossa madre chiamò all’appello gli ultimi due figli: Ponente e Tramontana

:- Venite qui sono stanca per questo motivo, vi dico un paio di cosette e vado a dormire.

I due avanzarono insieme salutarono la madre e in coro  ripeterono : – Comandate madre!

:- Ponente, tu hai un secondo nome, ossia Zefiro, sei il vento tipico del mar Mediterraneo e soffierai impostandoti a ovest. Invece tu Tramontana, soffierai freddo da nord oltre le montagne compresi: i monti dell’Albania e della Grecia.

L’ultima frase che riuscì a dire la madre dei venti, fu

:-Preparatevi a partire domattina all’alba.

Poi cadde con tutto il suo enorme peso sulla polvere della caverna e russò inspirando  e espirando polvere, tanto che i figli scelsero di dormire all’aperto. Il mattino seguente abbracciarono la madre, chiedendole quando sarebbero potuti rientrare, lei rispose che sarebbero rientrati a turno; raccomandò loro, di lavorare bene, altrimenti Lei li avrebbe raggiunti con il fiato che le era rimasto e sarebbero stati guai grossi per i fannulloni., La genitrice capo dei venti visse per secoli e secoli, aspettando i figli, i quali a loro volta attesero i propri.

   

                                                                            

Il figlio dell’inverno

Tanti milioni di anni fa da due genitori vecchi, nacque un bambino che in poco tempo divenne grande, alto e robusto, aveva le mani così grandi da non poter indossare nessun vestito, infatti si copriva di pelli; nonostante il suo aspetto da burbero gigante, non era cattivo. I suoi genitori gli diedero il nome Inverno. A lui assegnarono tre mesi da governare, due mesi di trentun giorni e un mese pazzerello, un anno corto. di giorni ventotto un altro più lungo di ventinove giornate.

:- lavorerai dal ventuno dicembre al ventuno marzo,

Tuonò il padre, con un vocione grosso come un trombone: Inverno, non andò mai a caccia di animali, le centouno pellicce da mettersi addosso, le erano state donate dalla madre dei venti

:- Inverno prendile e indossale prima che io liberi i miei otto figli, sai sono venti che non guardano in  faccia nessuno.

Lui, ringraziò e le indossò ad una ad una, la notte del 20 dicembre. Per prime indossò le pellicce bianche, poi quelle grigio fumo, il grigio scuro e per ultime le pellicce nere. La notte di quel lontanissimo 21 dicembre le indossò tutte sopra le spalle, erano abbastanza lunghe, così da coprirlo sino alle ginocchia. Le mani d’Inverno erano nude troppo grandi e lunghe da far paura, i piedi li coprì con delle zattere che aveva costruito con rami e cortecce intrecciate. Fin dal primo mese dalla sua nascita, Inverno mostrò il suo carattere scontroso e taciturno, non gli piacevano i giochi né l’allegria, passava il suo tempo a pensare, Nei sei  mesi di riposo andava a dormire sotto le grandi profondità della terra, tra fiumi e stallatiti. Come tutti i figli buoni, andava a salutare i genitori oramai vecchi, alzava la mano destra, faceva un inchino e spariva per nove mesi; i suoi cari non sapevano dove rintracciarlo. La mamma gli diceva sempre

:- Inverno,  siamo malati alle ossa, prima che tu prendessi il nostro posto abbiamo lavorato troppo, ed ora ci muoviamo con difficoltà, se avessimo bisogno di te, come possiamo rintracciarti se non dici dove vai?

Lui serioso rispose

:- Se avrete bisogno di me, correrò con il vento e sarò in un attimo da voi. Fece alcuni lunghi passi e inverno si voltò verso i genitori:-Sapete bene che non sopporto il caldo ne il canto dei grilli e tanto meno i fiumi secchi, ora devo proprio andare.

Puntuale come un orologio si ripresentava ai suoi cari il 21 dicembre, Inverno parti, arrivò al polo nord molto stanco, lì aveva trovato un deserto di neve e, non gli era piaciuto affatto, distese le braccia, aprì le mani e disse

:- Io, qui non voglio venirci spesso, e iniziò un rito che solo lui conosceva

: – Mani o mie mani grandi emanate il vostro potere “senza sole e pochi giorni, che sia ghiaccio tutti i giorni, oggi lo dico ed ora lo faccio” i ghiacciai mettete su, e all’improvviso dalle mani uscirono enormi getti di neve mista al ghiaccio, infine ordinò

:- Tutto quassù diventi ghiaccio e iceberg.

Fu così che il polo nord divenne una infinita distesa bianca ricoperta da montagne ghiacciate dure. Chiamate ghiacciai. Inverno viaggiò per tutta l’Europa. Ridusse le ore di luce,

: – A ah, questa luce brucia gli occhi, che sia più notte che giorno, e ordinò al buio di arrivare prima e così le giornate divennero corte. Usando sempre la stessa formula magica ” in questi tre mesi, voglio nuvoloni neri, pioggia a catinelle e neve su tutte le vette basse alte e belle, voglio nuvole grigie e minacciose, urlava al cielo, impose le mani e disse: – fulmini e saette, colpite dopo i tuoni contando sino al numero sette.

:-Nuvole indisciplinate quando vi scontrerete, dalle vostre liti tutte le genti spaventate, ruggite boati.  

Il possente padrone dei tre mesi rideva, e cupa era la sua risata, faceva tremare le montagne e i ripiani, fu così che si formarono le cascate e i vortici, la furia delle loro acque sino a valle. Quando si avvicinava il mese di marzo, Inverno si calmava, non lo confessò mai, ma dopo tutti i disastri che combinava, sotto- sotto, era felice di vedere che gli animali brucavano l’erba alta, che tutti si dissetavano, e con la sua neve ci giocavano i ricchi, i poverini, i grandi e i piccini. Il 21 marzo tornava a casa, lasciava le pellicce dai suoi genitori, ma stavolta convinse i genitori di venire con lui, li condusse nel suo amato rifugio, distese le cento e uno pellicce e fece un grande letto per i genitori

: – Siete la mia vita, la mia famiglia i miei due grandi amori e veglierò sempre su di voi. Commossi, i genitori anziani lo abbracciarono, risero e piansero di gioia, vissero per un tempo, illimitato e felici, tanto felici, dove c’è amore c’è un’immensa felicità.

                                  

 


La principessina primavera

C’era una volta, e ancora c’è un’isola bellissima che allora si chiamava Icnusa: Un giorno Gesù scese dal cielo e disse

:- Voglio dare una bella forma a quest’isola, camminando in lungo e in largo, ammirò tutte le meraviglie che aveva creato su quella terra. Prima di andare via lasciò l’impronta del suo sandalo;  per questo forma, gli antichi la chiamarono Ichnusa o sandalo. L’isola oggi viene chiamata Sardegna, il suo cielo è sempre stellato, tranne quando ci sono le nuvole, il suo mare ha tanti colori: turchino, blu, verde, azzurro. Nel mese di marzo quando arriva la principessa primavera, la Sardegna diventa così bella che da tutto il mondo vengono a vederla. Sua maestà la Principessa dei fiori profumati, altri non era che la meravigliosa Primavera; Una fanciulla bellissima, non aveva la solita coroncina con diamanti incastonati, ma tutto il suo corpo dalla testa ai piedi, sino alle man, era ricoperta di fiori meravigliosi. Camminava senza sfiorare la terra per non sciupare i teneri fiorellini. Dovete sapere che lei appariva il ventuno marzo, leggera come il volo degli angeli, faceva il giro della terra sino al ventuno giugno. Le sue mani affusolate spargevano i fiori, li affidava al buon vento sino a raggiungere ogni luogo. I fiori erano coloratissimi e profumati a tal punto che chi li respirava allora come oggi, guarisce dalla tristezza, i bambini e i grandi, aprono le braccia con il viso rivolto al cielo, girano su sé stessi e respirando, avviene il miracolo: all’improvviso qualsiasi malinconia o tristezza va via. I grandi e i piccini sono avvolti da una gioia indescrivibile, le loro

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risate e i profumi sonori, vanno ondeggiando lontano e sempre più lontano, entrano in tutte le case. La primavera predilige abitazioni  dove ci sono fanciulli e anziani, insieme a coloro che di essi si prendono cura con vero amore. È in quell’esatto momento che si sa: è arrivata la principessa primavera. Pensate che i profumi e le risate gioiose, entrano dappertutto, dalle finestre, dalle porte e dentro i cuori, nessuno resiste alla primavera, lei entra e rallegra, colora il mondo, il sole guarda i suoi frutti e li riscalda teneramente, gli uccellini e le api volano sopra con leggerezza, sono loro che aiutano la principessa a portare la primavera anche laggiù e lassù, dove sono sedute imbronciate le caverne, le antiche rocce solcate dal tempo e dall’acqua, anche lì nascono fiori, si chiamano stelle di montagna, ciclamini, orchidee, piccole piccole, ma niente è più  perfetto e colmo d’amore di quei fiori. Li porta in dono la principessa primavera. lei è regale, tanta è la grazia nei suoi gesti, che tutti l’ammirano, resta tre mesi, quando ogni angolo della terra è cosparso di fiori e di boccioli, Primavera si ritira in un castello di piante fiorite e di fiori intrecciati dai colori sfavillanti. Il castello, confina al centro e al sud, a Nord e a ovest con il regno dell’amore più grande e vero dell’universo chiamato “Incondizionato”. E’ un amore perfetto ama tutto e tutti, senza volere o cercare qualcosa in cambio; Incondizionato non guarda se sono ricchi, poveri, sani, malati belli o brutti, lui ama e basta, è sua maestà per eccellenza: il principe del grande amore e duca del regno dei 12 mesi, cavaliere di tutte le creature, non chè marchese del prossimo. Il suo regno confina con l’universalità e l’universo intero. Lavora giorno e notte, il suo è un compito a tempo indeterminato, la sua altezza, la sua bellezza, i suoi occhi, sono indescrivibili, in lui tutto è meravigliosamente bello. Va per il mondo intero, senza tempo e senza età, è invisibile, sino a quando entra nei cuori che provano il suo stesso amore Incondizionato, allora si rivela si mostra in una carezza. nell’abbraccio sincero, in un bacio, nel perdono, nell’aiuto, nella compagnia nel gioco e nelle sane risate. E’ allora, che diventa visibile, in tutta la maestosa bellezza dell’amore incondizionato, se volete vederlo: dividete un panino a metà, o un sol pezzetto di tempo  o di qualsiasi cosa abbiate, e lui vi apparirà Nessun’ altro potrà vederlo, seppur sappiano dove trovarlo, Incondizionato sta lontano dagli avari, dagli invidiosi, dai malfattori, dagli ipocriti e approfittatori o ingiusti, da chi si scosta dai poveri, dagli ammalati e dalle persone sole. Incondizionato, trova casa nel cuore di chi si apre in ogni piccolo grande gesto quotidiano. Non esitate è tutto ciò che di più meraviglioso esista al mondo.

LA PICCOLA ESTATE

Milioni e milioni di anni fa, faceva tanto ma tanto caldo. Gli esseri viventi di quel tempo erano disperati, lo erano persino i dinosauri senza i fiumi e laghi asciutti, la terra era screpolata arida. Gli animali piangevano per giorni e notti, e le loro lacrime creavano piccole pozzanghere dove a turno bevevano, prima gli anziani, poi i piccolini e infine gli adulti. Le altissime piante si erano tutte inclinate e persero i frutti,  i fiori si seccarono. Un giorno, una bambina bellissima dal visino a forma di sole, apparve con delle sacche fatte di pelle, in una portava la pioggia fine, e nell’altra la freschezza della notte. Tutti gli esseri viventi, uccelli con ali di pipistrello e il becco lunghissimo, i dinosauri grossi e alti, la guardarono sorpresi e diffidenti, la circondarono, ma la bellissima bambina con faccino a forma di sole, non si spaventò anzi li salutò con un sorriso radioso

:- Mi chiamo estate, vi prego non pensate male di me, il clima estivo è caldo ma io ho anche i rimedi per questi tre mesi.

Un proto sauro molto arrabbiato le rispose

: – Senti piccoletta, noi non ti crediamo, ma chi sei tu? Una dea che porta rimedi? Prese la parola un bruttissimo uccello

:- “Picciocchedda” (ragazzina in lingua sarda), se stai raccontando bugie, ti giuro che finisci male, ti sbraniamo con una sola beccata. E tutti risero, dicendo in coro, si, si,

:-Picciocchedda ti sbraniamo, hai capito? Per ultima parlò una femmina di dinosauro vecchia vecchia, infatti  aveva perso tutti i denti tranne uno, quello di davanti,

: – Bambina bella, io ti credo, sei arrivata forse dal cielo per aiutarci, vero?

Quella enorme massa di animali strani sentendo la gentilezza della dinosauro s’infuriarono di più e le dissero di tacere

:-Che ne sai vecchia sdentata, la faccia di costei che tanto assomiglia a quella cosa tonda con i raggi che bruciano sembra una impostora :- Guai a chi tocca la bambina, urlò una voce strozzata, tutti si guardarono attorno, ma non videro anima viva :- Chi sei?

:- Sono il re sole, e lei è mia figlia, guai a chi osa sfiorarla, vi squaglierò tutti come faccio con il ghiaccio e la neve.

Il branco di proto sauri, dinosauri e uccelli pipistrello, corsero tremanti all’ombra degli alberi inchinati. La bambina che altri non era che l’estate, prese da una sacca una manciata di pioggerella fine e rinfrescò gli animali e le piante. Com’erano felici!

Avevano tolto la lingua di fuori e bevevano.

: – Che buona, ahh finalmente un po’ di fresco.

La vecchia dinosauro rimproverò i giovani e gli altissimi animali

:- Voi non credete a niente, noi anziani abbiamo esperienza, quella che negli anni ci insegna la vita.

Estate sorrise e ringraziò l’anziana, questa a sua volta dall’alto dei suoi tre metri di altezza, avvicinò la bocca accanto alla guancia della bambina, avrebbe voluto baciarla ma era troppo grossa, allora ringraziò la bambina dicendole che le mandava un bacio. I nipoti della dinosauro, s’ingelosirono

:- Nonna! Ma che fai, baci quella specie di cosa piccolina, neanche la conosci, adesso noi la mordiamo così impara.

L’anziana era lenta da non riuscire a fermare i nipoti, infatti avevano già afferrato il vestitino di estate e la stavano facendo girare come una trottola.

:- Che cosa vi ho detto, brutti animali testardi?

Nuovamente si sentì quella voce possente. che continuò a dire

:- Vi farò pentire di avermi disobbedito,

Re sole allungò due dei suoi raggi e bruciò la pelle di quei prepotenti.  Ruggirono, si lamentarono, chiedevano refrigerio, ma i loro amici e parenti indietreggiarono scusandosi dicendo ché non potevano fare niente; la piccola estate, era tanto buona così chiese al re suo padre di calmarsi, e come scese la sera, la bambina con il visino da sole tirò fuori dalla sacca, un po’ di freschezza mista a gocce di brina. Tutti gli animali presero a respirare meglio, anche i nipotini bruciacchiati, e le piante si raddrizzavano lentamente. Tornò la serenità in quel luogo antico e lontano. Fu così dal ventuno giugno sino al ventuno settembre. Poiché estate erano una bambina piccola, stentava a recarsi in tutte le parti allora il Padre Re sole la prese per mano e girarono insieme intorno alla terra, quando il re lo decise si rivolse alla bambine e le disse

:- Scendi qui piccola mia, e fai il tuo dovere.

Estate si ritrovò in un continente vecchio, isole strane, terre a forma di stivale, a nord faceva ancora fresco, a sud un gran caldo,

:- Ok mi siedo un pochino su questa nuvola e da quaggiù decido il da farsi: Oh mamma mia! Qui c’è tanta nebbia e piove spesso, mio padre il re neanche si vede, devo aiutarlo, e come faccio a ricordarmi dove mi trovo? Che sciocchina sono io che posso dargli un nome, Inghilterra, sì mi piace.

Tolse dalla sacca freschezza con brina, allontanò le nuvole e tutto splendente si affacciò il sole, appena si mise in viaggio per il sud, notò che in Inghilterra pioveva di nuovo

:- Ah, ma allora qui, devo tornare spesso, uffa, se sapessi chi porta le nuvole gli chiedere se per piacere, in questi tre mesi può tenersele in casa.

Nuovamente la bambina dal visino a forma di sole, sparse freschezza , ristoro, e allontanò le nuvole. Andò su quella terra a forma di stivale: che carino qui, mare monti laghi, fiumi, un pò di caldo gli farà bene, scosse la testa un paio di volte, e vennero i raggi di sole

:- Padre  raddrizza i raggi, mandali leggermente obliqui, altrimenti qui appassisce il verde, Re sole tossì imbarazzato

:- Hai ragione figlioletta bella, lo faccio subito.

Il sole fece subito ciò che gli chiese la figlia. Poi si diresse molto a sud, e ammirò soprattutto i colori del mare a secondo dell’intensità dei raggi solari. Estate era pensierosa, queste due isole sono molto vicine a questo continente nero, :-Come faccio a cambiare la forte calura solo per loro?  Decise di prendere consigli dal Padre :- Mio re papino, lo sai che qui sei forte?

Il re  rispose di si con molta fierezza, la figlia insistete

:- Io, intendevo dire che qui tu scotti, l’erba è tutta secca, l’acqua dai fiumi e dai laghi è evaporata, per favore si soffoca, mi aiuti?

Il re sole stavolta era titubante, non gli piaceva raddrizzare i raggi e rispose,

 


:-Figlia mia, qui, io desidero che ci sia caldo, ma ti prometto che, dalle due sino alle sette del mattino, ci sarà fresco. Tutti si riprenderanno dal caldo del giorno, inoltre ancora, prometto che a partire del mese di agosto, ci saranno ogni tanto piogge ovunque.

Il sole, fra sé pensò che per amore dei figli si fanno dei sacrifici, perché è bello vederli felici, e la sua estate era felice, soprattutto perché non stava chiedendo favori o regali per sé, bensì per la terra, per la vegetazione e i suoi abitanti. Dopo alcuni anni la piccola estate incontrò un raggio di luna, fecero amicizia e collaborarono insieme per il bene del pianeta terra, da quello stretto contato nacque un amore galattico; alle loro nozze parteciparono la terra, il sole, la luna, Marte e Giove, Mercurio con Plutone, Saturno, Urano  Venere. Danzarono per tante lune, e poi fecero un viaggio di nozze speciale, intorno alla terra e a al cielo. La coppia visse in pace e innamorata per tutti i secoli.

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L’autunno

C’era una volta, tantissimi milioni di anni fa un inventore speciale, che aveva ideato i venti, l’estate, la primavera e l’inverno. Un giorno era molto adirato perché gli mancava un certo qualcosa, no, non si trattava di qualcuno, ma di una stagione. L’uomo, girava intorno a un albero da ore, tanto da lasciare le sue impronte a forma di cerchio. Pensa e ripensa l’inventore, con la testa bassa e gli occhiali scesi

sino alla punta del naso, chiamò al suo cospetto la madre dei venti, la

principessina primavera, l’estate e il figlio dell’inverno. Accorsero subito

: -Buon giorno inventore,

disse la madre dei venti che respirando spostò il genio di lato,

: -Salve signore, salutò l’inverno, il quale lo ricoprì di neve, da farlo sembrare un pupazzo bianco.

:-Onore a te padrone,

s’inchinò parlando la primavera, mentre lo cospargeva di fiori

:-Faccio l’inchino maestro, pronunciò l’estate emanando tanto calore da fare sudare tutti i presenti. Il figlio dell’inverno si stava squagliando perché lei si mise al suo fianco, molto preoccupato chiese di conoscere subito il perché di quella convocazione. L’inventore salì su di una roccia

:- Qui manca qualcosa, guardate tutti quest’albero di pesco, questo mandorlo, il fico, il melo,  notate qualcosa?

La madre dei venti abbassò la testa e fissò le foglie sparse sul terreno, invece l’estate spostò i raggi da un’altra parte e fece finta di niente

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: – Per caso vi sentite in colpa?

Sbottò l’inventore. Ancora silenzio, finalmente il donnone grossa che aveva dato alla luce gli  otto venti, fece un passo in avanti badando bene di non sollevare lo sguardo e confessò

:- Capo, sa com’è, quando parlo, rido o tossisco le foglie di quasi tutti gli alberi cadono per terra, ho cercato con i miei figli di riappiccicarle, ma non ci siamo riusciti, chiediamo scusa infinite.

Dopo fu la volta della estate,

-Signore, mi perdoni, sono io che ingiallisco le foglie quando sto per andarmene, si vede che non doso bene il caldo che emanano i miei raggi e si seccano, non ho altre giustificazioni, mi assumo tutte le responsabilità.

L’inventore si tolse gli occhiali storti e appannati, con aria truce li fissò tutti a uno a uno, non si sentiva volare neanche una mosca. Lui era il Re, e un reggente buono perdona sempre, quando sente il pentimento di coloro che hanno sbagliato. Il Re iniziò a pensare ad alta voce

:- Estate dimmi chi viene a sostituirti il ventuno di settembre? Visto qualcuno, sentito qualcosa?

:- Nessuno, io vado via e basta, non ho ne visto né sentito anima viva.

L’estate si mise a piangere, farfugliando che forse non avrebbe dovuto lasciare il posto senza il cambio, esattamente come fanno le sentinelle. L’inventore scuoteva la testa, consolò l’estate, ammettendo che doveva pensarci lui, alzò la mano destra e chiamò a voce alta

: – Vieni qui ragazzo, non eri tu che dovevi stare attento alle foglie, ai rami e ai

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colori?

Le altre stagioni si voltarono, spalancarono i loro occhi chi videro? Un tipo goffo, che uscì dai cespugli tutto ricoperto di foglie, non si vedeva neanche la bocca coperto com’era di fogliame sino agli occhi, infatti inciampava di continuo, annaspando, si tolse un po’ di foglie  dagli occhi e si mise sull’attenti.

:- Si- Si- no-re, ai su su suoi ordini. Le altre stagioni si misero a ridere, : -È balbuziente!

: -Smettete di ridere, e se foste voi a soffrire di balbuzie, sareste contenti in egual modo?

Tuonò Il Re inventore, i presenti moggi moggi smisero di ridere, commentarono che sarebbe stato molto triste per loro parlare in quel modo. Il Re aveva ottenuto l’effetto che voleva, cioè che nessuno doveva ridere dell’altro. Smise le spoglie del vecchio inventore con gli occhiali, e diventò bellissimo, in un solo istante indossò una tunica celeste, il suo viso ringiovanito era ricoperto da una barba lunga e bionda, mentre gli occhi blu si fecero penetranti sembrava che riuscissero a vedere oltre le apparenze e i corpi

:- Allora ragazzo mangia foglie, tu ti chiamerai autunno, darai il cambio all’estate, e l’inverno prenderà il tuo posto il ventuno di dicembre, così via, dovrete ruotare tutte quante care stagioni, per sempre nei tempi dei tempi, come io veglierò, vedrò e ascolterò tutto e tutti.

                               FINE