Maria Rosaria Leone

Biografia


Cosa hai pensato guardando la mia foto? 

Avrei potuto presentarmi mostrandomi mentre stringo fortemente mia sorella dopo aver ottenuto la laurea, con la corona d’alloro in testa, avrei sicuramente dato immediatamente l’idea di essere una ragazza che si prefigge un obiettivo e lo porta a termine, oppure avrei potuto inviare una foto del periodo in cui ho lavorato nella fattoria sociale, vicina a dei ragazzi considerati “devianti” che si stringono a me e sorridono, dando l’idea di essere una giovane che ci tiene al prossimo, o magari avrei potuto mostrarmi mentre aiuto i miei genitori a scaricare la merce a negozio, dando l’idea di essere una ragazza che ci tiene alla famiglia ed è riconoscente per gli sforzi che fanno.
Sono tutte affermazioni vere.
Ecco il punto focale: sono una ragazza giovane e mi presento con lo stigma che mi porto sulle spalle, cercando di dimostrare che, in effetti, ormai abbiamo dato una forza enorme alle etichette in cui siamo andati a richiuderci -tanto per intenderci, il drink era ottimo-.
Mi presento, sono Maria Rosaria Leone, una futura pedagogista che ormai si sente quasi priva di energie a causa di un contesto sociale che mira a soffocare le voci e che fa dell’etichettamento la sua arma e difesa più grande.
Quel “quasi” non è stato detto a caso.
Negli anni mi sono resa conto che per me la scrittura è un mezzo per prendere un attimo un respiro di sollievo, uno spazio che potevo dedicare a me stessa e, dato che ho la certezza che molti ragazzi si sentono avviliti come me, ho provato a condividere ciò che ho scritto in una sorta di tentativo di creare vicinanza, di far capire che non si è abbandonati a sé stessi.
Ho solo ventiquattro anni e mi sembra di aver visto già troppi occhi stanchi: chi si è arreso pensando che tanto le cose non cambieranno, chi vede i cambiamenti rispetto al passato e si sente estraneo a un presente che sembra andare in declino… c’è tanta sofferenza e troppa frustrazione, siamo una società a cui è stata sottratta energia.
Questo piccolo spazio lo farò tutto mio e cercherò di mettere in mostra il carico di sofferenza che mi è più affine: quello della mia generazione.
La mia intenzione non è quella di puntare il dito contro, ciò che desidero è creare una sorta di ponte: vorrei dare un punto di vista sulla realtà di un giovane al giorno d’oggi e, di rimando, amerei un giorno avere qualche vetrina sul modo di vivere e percepire il mondo da parte delle generazioni scorse.
Se, invece di tentare di stabilire chi sta messo meglio e chi peggio, riuscissimo a fare qualche passo per diventare l’appoggio l’un dell’altro, magari potremmo ritrovare l’energia che ci stanno sottraendo le condizioni odierne e, forse, bere un drink tutti insieme apparirebbe anche come un modo per gioire dei successi che potremmo creare lavorando insieme piuttosto che come un modo per non affrontare la realtà.