GLI OCCHI DEL MARE

“C’è bellezza ovunque, ma non tutti riescono a vederla.”

Tony alzò un attimo lo sguardo dalle parole di Confucio. Amava la filosofia; a scuola era la sua materia preferita, nel suo piccolo, una passione. Tony non era come gli altri ragazzi, era diverso, l’unico punto nero sul foglio bianco della sua generazione. Aveva sempre l’aria di chi vivesse in un’altra dimensione, di chi avesse abbandonato la sua testa fra le nuvole. Ma ,in verità, lui toccava più a fondo di tutti gli altri il reale. Era la sua insaziabile curiosità, il suo costante entusiasmo verso tutte le cose, a partire da un semplice tramonto, a contraddistinguerlo. E così si immerse, come era solito, in qualche pensiero infinito, in sé stesso, guardando tutto da un’angolazione differente. La voce della madre ruppe dolcemente quella  rete che la sua mente armoniosamente aveva creato.  – Tony ,va’ per favore a prendere il pesce al porto, ma assicurati che sia fresco di stamane! –  Non ci pensò due volte – Va bene,vado ! –   Prese la bici, d’altronde Lampedusa era piccola, ci avrebbe impiegato cinque minuti. Gli piaceva il porto, era pervaso da un’aria frizzante ,vivace, capricciosa; e le persone, se ne potevano incontrare di tutti i tipi! Si divertiva ad osservare di là l’andatura veloce di una donna superba, a sentire di qua  gli schiamazzi di una bambina che tirava impaziente un lembo del vestito della madre, e poi lì, al bar, l’uomo d’affari impegnato in una telefonata, seduto comodamente ad un tavolino come se avesse in mano la situazione. E ancora, c’erano i pescatori;  alcuni con temperanza si apprestavano a liberare le reti dal pescato, e altri già cercavano di invogliare in ogni modo le persone a comprarlo. Ma a catturare davvero l’attenzione di Tony fu un anziano signore, un pescatore non molto fortunato, a giudicare dai vestiti che indossava. Nonostante ciò, quella figura, che se ne stava in disparte a pulire la propria rete, manteneva una dignità e rispettabilità non indifferenti. Non parlava, non s’impegnava nel far accorrere gente presso di sé; con una particolare cura sistemava il pesce che avrebbe venduto. Gli fece una buona impressione, quasi d’istinto si avvicinò a lui, e rimase fermo per qualche secondo ad aspettare che finisse ciò che stava facendo .  – Buongiorno – disse Tony, e il vecchio senza girarsi, continuando la sua attività rispose –  Buongiorno ragazzo, cosa ti serve? –. Non sapeva bene cosa l’avesse portato da quell’uomo, forse il sesto senso, forse l’accortezza con cui l’aveva visto sistemare il pesce, forse semplicemente perché quella persona gli appariva diversa, come lui. – Due orate, per favore… Ah, e un chilo di quei gamberi lì! – Il vecchio allora li prese, e solo quando si girò per porgerglieli Tony poté osservarlo in volto. Aveva una folta barba grigia, la sua pelle portava i segni di una vita, della risolutezza, della pazienza, della fatica. Gli occhi, invece,  erano di un blu intenso, immenso,  così profondi che il ragazzo abbassò lo sguardo per paura di caderci dentro. – Tieni, ragazzo. – Disse l’uomo. – Va’ a casa, o si rovinerà.- Tony allora, che non si era dimenticato di pagare, gli chiese quanto  costasse il tutto, ma il vecchio, sorprendentemente non volle nulla; fece un gesto con la mano, come se quella fosse una cosa di poco conto. Il ragazzo insistette, ma inutilmente; il vecchio gli poggiò una mano sulla sua spalla, Tony guardò di nuovo quegli occhi pieni di mare. – Non vado in cerca di questo. – Gli disse, e gli accennò un mezzo sorriso. Così Tony si avviò verso la sua bici, totalmente incredulo di ciò che gli era appena accaduto. Chi era quell’uomo? Che cosa andava cercando, se non i soldi, la ricompensa alle sue fatiche? Tony voleva scoprirlo. Il colore dei suoi occhi inevitabilmente gli rimaneva indelebile nella mente, gliela riempiva. Ed era come se in quel blu si celasse una verità che il ragazzo non riusciva ancora a comprendere.

– Non ci credo, come sarebbe a dire non ha voluto nulla? – La madre di Tony aveva in volto un’espressione di puro stupore. – Mi è sembrato quasi offeso quando ho insistito a pagarlo. Che altro avrei potuto fare? – rispose Tony, triste per averlo lasciato a mani vuote.  –  E’ stato gentile da parte sua, il pesce è buonissimo. – Fece il padre allungando una mano verso la teglia di gamberi. La madre annuì mentre masticava piacevolmente l’orata, poi cambiò discorso. –  Tony, perché non ti organizzi con i tuoi amici per andare al mare? Prendi esempio da tua sorella, guarda come si sta godendo l’estate. –  Alice aveva due anni in meno di lui, ed era il suo perfetto contrario. Da solo un anno  si erano trasferiti a Lampedusa, e lei già aveva tanti amici, le piaceva divertirsi e fare amicizia con i turisti, allo studio dedicava lo stretto indispensabile. Suo fratello non ci vedeva niente di divertente o appassionante nell’oziare disteso su un telo da mare a prendere il sole, o nel perdersi in conversazioni riguardo belle ragazze, fisico perfetto, e cose simili. Rispose con un superficiale “ sì”, non voleva discutere sull’argomento, l’avevano già fatto troppe volte, e dall’altro lato era consapevole che i suoi genitori semplicemente si preoccupavano per lui, non voleva contrastarli. A Tony piaceva trascorrere i pomeriggi da solo a leggere, a fare lunghe passeggiate in bicicletta, a costruire sogni. E poi lui il mare lo preferiva al tramonto, quando l’enorme distesa blu  portava il riflesso del sole rosso all’orizzonte; alla fine della giornata il mare era per Tony una dolce ed elegante compagnia, meravigliosa da togliere il fiato.

La mattina dopo, il ragazzo era impaziente. La sveglia faceva le 4:30, e lui non riusciva a dormire, o meglio, non voleva; si girava, si muoveva di continuo, come avesse preso cinque caffè in una volta. Sarebbe andato al porto, aveva deciso, non poteva aspettare. Scese dal letto e si preparò in fretta, non si curò di scegliere i vestiti con criterio, né di mangiare qualcosa. Uscì di casa nel silenzio assoluto, assicurandosi che nessuno si fosse svegliato, e raggiunse il porto in men che non si dica. Era un luogo che non dormiva , non riposava mai. I pescatori già si adoperavano per andare a  pescare, e Tony gettava lo sguardo in quel viavai nella speranza di trovare lui, l’uomo con il mare negli occhi. Ma nulla, non ce n’ era traccia, così si sedette deluso su uno scalino.” Che illuso” disse tra sé e sé, e si chiese che i suoi genitori avessero ragione;  forse doveva iniziare a pensare ad altro. Era sul punto di alzarsi e tornare a casa, e l’avrebbe fatto, se non fosse stato per l’aver notato un paio di vecchie infradito ai piedi del tavolo dove aveva preso il pesce il giorno prima. Vi giunse con un briciolo di speranza che fossero del vecchio, ma non ricordava quali egli calzasse al loro incontro, non ci aveva fatto caso. Perciò si guardò di nuovo attorno  scoraggiato,  quando sentì una voce che proveniva dalla sua destra – Ragazzo! – Era proprio lui, sulla sua barchetta. Gli fece cenno di avvicinarsi. – Vuoi venire a pescare?– Tony non poteva crederci. – State dicendo davvero? – Rispose il ragazzo con gli occhi che gli brillavano dall’entusiasmo. – Certo – Disse il vecchio,–prendi quelle canne da pesca dietro di te –. Si allontanarono a poco a poco dalla costa, la barca era munita di un piccolo motore. Tony volgeva lo sguardo verso la terra che scompariva dietro di loro, finchè il vecchio non fermò la piccola imbarcazione in mezzo alla piatta distesa blu. Il ragazzo non si era mai sentito così tranquillo, sebbene non fosse mai andato in barca prima di quel momento. Il vecchio porse a Tony una delle due canne da pesca  – Tieni ferma la lenza con un dito, ma bada bene a lasciarne un po’ fuori dal mulinello, così quando la lancerai, non si spezzerà. – Tony seguì le istruzioni del vecchio, che continuò spiegandogli di portare la canna da pesca indietro tenendo il mulinello verso l’alto, e poi di lanciare, arrivando a stendere completamente il braccio destro. La prima volta fu un disastro, ma il vecchio lo spronava a riprovare ancora e ancora. – Abbi pazienza, ragazzo. – Decise infine di mostrarglielo lui stesso. Sistemò la canna da pesca con la massima scioltezza , ma nel momento in cui si inarcò davanti per lanciarla, il suo volto si contorse improvvisamente in un espressione di dolore. Tony fu in un istante alle sue spalle, lo afferrò stretto per non farlo cadere. – Come vi sentite? – Gli chiese il ragazzo preoccupato, dopo qualche minuto che l’aveva fatto sedere. –E’ solo  la vecchiaia che fa qualche scherzo, ragazzo –  Sembrava essersi ripreso, nonostante il leggero pallore del volto. – Ritorniamo indietro, dovete riposare. – Tony voleva accertarsi che stesse bene , ma il vecchio non rispose, lo invitò a sedersi vicino a lui. Dopo un po’, disse guardando davanti a sé –Non è meraviglioso, il mare, ragazzo ? –  Lo era davvero, pensò Tony, che non provava alcun tormento nel trovarsi in mezzo a quel grande gigante, piuttosto si sentiva cullato come fosse un bambino nelle braccia della madre. – Sarà meglio che gettiamo la rete, se vogliamo tirar su qualcosa oggi – Fece il vecchio sorridendo. Avendo un po’ perso la concezione del tempo, Tony di tanto in tanto guardava l’altezza del sole. Sperò non fossero passate troppe ore da quando era uscito di casa, anche se in realtà quella mattina gli era venuta in mente  un’idea che gli avrebbe fatto guadagnare tempo. Il ragazzo infatti  aveva nascosto sotto le coperte un cuscino e dei vestiti, sistemandoli in modo da far credere che stesse beatamente dormendo. Gli rimaneva solo di pregare che il piccolo inganno avesse funzionato. Avevano per fortuna pescato una discreta quantità di pesce, quindi tornarono a riva. Dopo aver aiutato il vecchio portare la rete a terra, Tony gli espresse la sua gratitudine per averlo portato con sé. – Grazie a te, ragazzo, per esserti fidato di me. – Rispose il vecchio, guardandolo con quegli occhi pieni di parole. – Spero di  rincontrarvi –  Disse Tony, montando sulla sua bicicletta. Il ragazzo era già partito, le parole del vecchio si persero nel vento – Lo spero anch’io…–

 

Tony entrò dalla finestra della sua camera, che dava su un piccolo giardino. Trovò tutto nel modo in cui l’aveva lasciato: nessuno si era accorto della sua assenza. Il ragazzo si mise il pigiama in fretta, e solo quando si infilò sotto le coperte tirò un sospiro di sollievo. Le mattine seguenti Tony si recava ancora al porto, per andare a pescare con il vecchio. Un giorno, mentre guardavano il mare illuminato dalle prime luci dell’alba, il ragazzo gli chiese come si chiamasse. A quella domanda il volto del vecchio si velò inspiegabilmente di tristezza.– Non ho un nome, ragazzo… Non più – Tony non capiva . Il vecchio aveva il capo chino, si guardava le mani che tremavano. –Mi dispiace, non era mia intenzione ferirvi. – Disse il ragazzo, ma il vecchio scosse debolmente la testa, facendogli capire che lui non aveva colpe. Dopo un po’ continuò –… Io e la mia famiglia abitavamo ad Agrigento. Avevo due figlie, una moglie. Erano tutto ciò che potessi desiderare … – Aveva i gomiti appoggiati sulle ginocchia, copriva con le mani i suoi grandi occhi blu. Tony rimase in silenzio, un silenzio che d’altronde parlava già, non chiedeva altre parole. –Sai, ragazzo, ero un professore di lettere – Alzò la testa e guardò il mare di fronte a sé. In effetti Tony non si spiegava come mai il vecchio si esprimesse così bene, e non parlasse in dialetto. Questi un giorno gli disse che era curioso di sapere cosa ci fosse oltre la linea dell’orizzonte. Aveva ripetuto la terzina Dantesca  – Considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza! – Nei suoi occhi, come in quelli di Ulisse, bruciava la voglia di superare quel limite. Ma Dante chiamava follia ciò che il vecchio riteneva  fosse la pura e semplice natura umana. – Come siete arrivato qui? – chiese allora il ragazzo. Il vecchio indicò con un cenno del capo la distesa blu. – E’ stato lui a portarmi a Lampedusa. Non avevo più la forza né un motivo per continuare vivere… Mi sono abbandonato a lui, solo con una barca. –  E quanto tempo avete trascorso in mare, ve lo ricordate? – Tony era sempre più incuriosito da quell’uomo.  Il vecchio sospirò, accompagnato dal rumore delle onde . – Avevo perso la concezione del tempo, ragazzo –  riprese lui. – E con questa la speranza, la fame ,il sonno. Una notte, quel mare mi parlò. Era uno specchio, sotto miriadi di stelle. Non avevo mai visto niente di più unico. D’un tratto lo riuscii a sentire. Sapevo che quell’enorme creatura non aveva occhi per vedermi, ma qualcosa dentro di me mi spinse a riporre fiducia in quella viva meraviglia che non conosceva né la pietà né l’odio. – Tony pensò per un attimo alle parole di Pascoli, che aveva letto di recente: “Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni. Ululano ancora le Nereidi obliate in questo mare, e in questo cielo spesso ondeggiano pensili le città morte. Questo è un luogo sacro, dove le onde greche vengono a cercare le latine; e qui si fondono formando nella serenità del mattino un immenso bagno di purissimi metalli scintillanti nel liquefarsi, e qui si adagiano rendendo, tra i vapori della sera, imagine di grandi porpore cangianti di tutte le sfumature delle conchiglie. È un luogo sacro questo. Tra Scilla e Messina, in fondo al mare, sotto il cobalto azzurrissimo, sotto i metalli scintillanti dell’aurora, sotto le porpore iridescenti dell’occaso, è appiattata, dicono, la morte; non quella, per dir così, che coglie dalle piante umane ora il fiore ora il frutto, lasciando i rami liberi di fiorire ancora e di fruttare; ma quella che secca le piante stesse; non quella che pota, ma quella che sradica; non quella che lascia dietro sé lacrime, ma quella cui segue l’oblio. Tale potenza nascosta donde s’irradia la rovina e lo stritolio, ha annullato qui tanta storia, tanta bellezza, tanta grandezza. Ma ne è rimasta come l’orma nel cielo, come l’eco nel mare.”

 

Il tempo passava…

Il vecchio si indeboliva sempre più, spesso perdeva l’equilibrio, o non riusciva a camminare. Tony era preoccupato, voleva farlo visitare da un medico, ma il vecchio si rifiutava, sosteneva di non aver nulla, solo normali dolori dovuti all’età. Comunque dopo non molti giorni al porto approdarono tre barche. Pur essendo circa quattro volte più grandi della barchetta del vecchio, ospitavano ognuna una trentina di individui. Tony le vide arrivare in lontananza, e subito avvisò il vecchio. –Sono immigrati , ragazzo.– Man mano che le barche si avvicinavano il ragazzo poteva meglio distinguere i tanti corpi lì stipati: bambini, uomini, donne. Erano felici. Di essere vivi, di vedere , di sentire già il fresco profumo della libertà sulla loro pelle. I loro stomaci , pensò Tony, dovevano essere  dei piccoli buchi pieni di ragnatele, chissà da quanto. Eppure, erano felici. Tony non aveva mai visto sorrisi così belli e così veri; le loro urla di gioia, gli facevano venire i brividi. Erano persone, in cerca di una casa che non avevano. Il mare li aveva salvati, aveva aperto loro le porte ad una nuova vita, concedendogli un foglio bianco su cui finire di scrivere il loro destino. D’altronde, come scrisse Verga, “Il mare non ha paese nemmeno lui”, “è di tutti quelli che lo sanno ascoltare”. Al ragazzo piaceva quando il vecchio gli parlava di autori, opere, quando gli citava frasi e versi; rimaneva affascinato dai suoi discorsi fluidi, dalla sua infallibile memoria.

Tony si svegliò al solito orario, si vestì in fretta ed uscì per andare al porto. Era una giornata come tutte le altre, si disse, eppure c’era qualcosa di strano nell’alba fioca di quella mattina. Quando arrivò al porto, trovò, come al solito, il vecchio che lo aspettava. Quel giorno, Tony, non riusciva a distogliere lo sguardo dal mare. Per la prima volta, un senso di inquietudine lo assaliva. Il cielo era coperto, e le acque, nemmeno mosse da un filo di vento, erano immobili, di un’immobilità irreale. Il vecchio  gli si sedette accanto. –Cosa ti turba, ragazzo? – Tony esitò, era come incantato da quella perfezione tetra, da quella bellezza glaciale. –E’ il mare, è silente. – Le acque erano scure, come le nuvole che le sovrastavano. –Impara a osservarlo, a sentirlo. Non ti fermare all’apparenza, non è mai silenzioso.-  Il vecchio era tranquillo, quella mattina, come sempre. Era come se lui ed il mare fossero una cosa sola, entrambi troppo calmi sotto quel cielo grigio. Tony non riusciva a sentire nulla se non il silenzio, un silenzio straziante. Quel giorno tornò a casa, come tutti gli altri giorni. Si infilò sotto le coperte, e non chiuse occhio. Pensava al mare, e alle parole del vecchio. Avrebbe voluto capirne il significato, ma come poteva pretenderlo? Il mare  aveva ancora molto da insegnargli. Il mattino seguente, Tony era illuminato da questa nuova consapevolezza; sarebbe andato al porto a prendere il pesce, già lo sapeva, la domenica era sempre così. Come non detto, dopo aver fatto colazione montò sulla sua bicicletta e volò al porto. Tony rimase sorpreso che non ci fosse la solita confusione della domenica mattina. Poi guardò meglio: in prossimità del banco del vecchio c’erano tante persone, che formavano un cerchio. Alcuni parlavano tra di loro, poi uno disse –Presto ,chiamate un’ambulanza! – Il cuore di Tony mancò di un battito. Corse. Si fece strada tra le persone accalcate. Gli ci volle un’eternità. Lo vide lì, a terra, il suo volto pallido, le palpebre chiuse che nascondevano il blu. Gli strinse la mano, non sentiva più niente attorno a lui, solo suoni indistinti. L’ambulanza era arrivata. Tony, si sentì prendere da dietro, due braccia ferme e forti,  e la voce di un uomo che diceva “ Andrà tutto bene.”  Poi quell’uomo  lo aveva accompagnato al Poliambulatorio. Era stato gentile, Tony l’aveva ringraziato. I medici gli dissero di aspettare fuori, così il ragazzo si sedette, e attese. Non sapeva a cosa pensare, non voleva. Poi il suo telefono squillò, e improvvisamente Tony si ricordò il motivo per cui era andato al porto quella mattina. Disse alla madre dove si trovava. Lei era preoccupata, gli chiese cosa fosse successo. Tony non aveva la forza di spiegare, le disse solo che lui stava bene. –Arriviamo tesoro. – Aveva alla fine risposto, senza aggiungere altro. Tony si sentì per la prima volta compreso. Dopo poco un medico si avvicinò. Gli appoggiò una mano sulla spalla – Mi dispiace ragazzo… E’ affetto da leucemia.-  Tony non riuscì ad ingoiare quelle parole. – Quanto gli rimane? -. – La malattia si sta sviluppando vertiginosamente… E crediamo già da molto tempo. E’ anziano, non lo sappiamo … Forse un giorno, o due. – Si sentiva bruciare dal senso di colpa. Se avesse accompagnato il vecchio a visitarsi prima, sicuramente lui non si sarebbe trovato in quelle condizioni, avrebbe avuto più tempo. –Posso vederlo?– chiese il ragazzo. –Certo, ti accompagno. – Tony chiuse lentamente la porta alle sua spalle, il vecchio era lì, disteso su un letto d’ospedale. Era pallido, bianco come le quattro mura di quella stanza. Il ragazzo restò con lui, finchè non arrivarono i suoi genitori. Il medico doveva averli informati, lo abbracciarono. –Andiamo a casa, tesoro, adesso è meglio farlo riposare tranquillo. – Gli disse la madre tenendolo stretto a sé. Tony non uscì dalla sua camera per tutto il giorno. Sua sorella Alice bussò con delicatezza alla porta – Tony… Vuoi mangiare qualcosa? – Ma lui aveva messo da parte sia la fame che la sete. –No, grazie Ali– rispose lui con una debole dolcezza. Si sentiva inutile, non poteva fare niente per salvarlo.

Il giorno seguente lo trascorse insieme a lui, il medico gli aveva permesso di restare tutto il tempo che avesse voluto. Tony non si stancava di guardarlo, di stargli accanto, nonostante non si svegliasse. Sperava che quegli occhi bellissimi si riaprissero ancora, per un’ultima volta. Appoggiò la testa vicino a quel corpo sempre più esile. Poteva sentire le gocce della flebo che scorrevano man mano dal tubo di plastica. Era un rumore appena accennato, “ Tic … Tic … Tic …”. Un passo. Il calore e la morbidezza della sabbia sotto i suoi piedi nudi. Le goccioline diventavano grandi, si mischiavano, si giravano l’una sopra l’altra. Un altro passo. Il sale sulle labbra, lo Scirocco che giocava con le onde. Un altro passo ancora, ma non era il suo. Il vecchio camminava silenzioso alla sua sinistra. Com’ era fiero il suo sguardo, con le labbra accennava un pacato sorriso. Tony si sentiva al sicuro, voleva continuare a camminare su quella spiaggia infinita, col vento che gli accarezzava i capelli. Si girava a guardare le orme che avevano lasciato dietro di loro. Gli piaceva contarle… Uno, due, tre…  La sua voce era lontana, si perdeva in quell’atmosfera evanescente. Uno, due, tre…  Tony era sereno, si sentiva leggero. Chiuse gli occhi, continuava a contare, da solo. Da solo. Il vecchio era rimasto indietro, si era fermato e guardava il mare. Tony si era girato, l’aveva chiamato, ma la sua voce era troppo fioca per raggiungerlo. Poi il vecchio era avanzato verso la distesa blu, e Tony aveva gridato. Ma lui non riusciva a sentirlo. Perché se ne andava? Tony non capiva, urlava ancora, non era giusto non poter contare anche le sue orme. Il vecchio allora si era girato verso di lui, gli aveva sorriso, per l’ultima volta. E il ragazzo comprese che doveva lasciarlo andare verso il tramonto che si stagliava all’orizzonte, verso quel mare che voleva accogliere tra le braccia suo fratello.