Tsunami

Come posso dare nome all’angoscia?
terremoto; tsunami; onda piroclastica?
Mani oltre il fango traboccano
E piedi nudi da tetti scoperchiati
Occhi scrutano, abbarbicati a palme
Già perforate da punteruolo rosso
Implorano aiuto contro onda assassina.

Madre scioglie l’abbraccio che trattiene
il figlio con debole presa
La lancetta del destino oscilla.
Dove, quando, qui, ora
Ritroverai il bimbo ed il sorriso?
Gli occhi ormai son nidi, tane per granchi.
Dal profondo oceano coralli
E pesci ne orneranno il collo
Su fuochi delle pire.

Sollevo la cornetta; digito un segnale
< quando rispondi? Stai male?
Scappa, corri alla collina,
Non ti fermare, segui gli animali
Contendi strada e passo
Avanti, non girarti a guardare|
A volte basta un respiro ed il mare
Ti abita tutto, ti spoglia
Ti riveste di alghe.

Lascia l’ebrezza alcolica
Per fingere vite differenti;
Lascia l’ago che perfora vene
Iniettandovi falsi moduli di felicità
Dolori consumanti e consumati
Ripropongono altri dolori.

Ragazzi lasciano la vita
Per altra conquistata a respiri
Ostruiti, polmoni stantuffano
Aria avara ad occupare interstizi.
Lo tsunami della vita occuperà il tuo corpo
Occludendo strade d’accesso ed uscita
Per l’ ultimo fiato sofferto.

Fuggi l’onda su skate board
In tunnel d’acqua che divora
A doppio senso anime e corpi
Ch’entrano ed escono
Su interscambio a doppio binario…


A .MARCO

Alla fine quesi della vita
regredisci all’infanzia
balbettio di pensieri celati
riverbera lucori di tramonto

Parli con occhi muti… dicono paura.

*****
“Non arrenderti !”
-« Non mi arrendo
…il corpo si decompone
acque fluiscono melmose» -.

“ E ora che fai?”

«Guardo liquidi scorrere di scorie
corporali … Numero ore e minuti
gocce dall’alto ricadenti
ristagnano.

*******
Voci mi chiamano lassù.»

“ Resta… non andare! …
hai così tanto da dare ancora!
Fa del tuo sogno un turbante
a celare il viso,
se non vedi non sai i minuti,
non conosci le ore…
se non guardi non puoi dire l’aspetto
di Colei che ti aspetta.

*******

Ricordi?

Di castagni cavalcavi frondosi
rami urlando la presa di nidi
di topi… discendevi a braccia senza
appigli e in tasca i topini nati.”

« Ricordo mi tendesti le mani dicendomi:
Buttati, ti afferro!” Mi buttai e ritraesti le braccia
le gambe metalliche infisse al suolo
segnarono il pendolo della mia vita.»

Ridemmo insieme a coprire
Miei rimorsi tue temerarietà.
“Ridiamo ancora
aspettando la straniera!”

« Sono stanco – dici – stanco dell’ attesa
del bianco lenzuolo che si macchia
del viso coperto da pallore
del grigiore di pupille, di denti

che non addentano succhi vitali,
di lingua che perse il sapore
dell’amore fuggito o che ho tradito –

*******

Rodìo
modulato di un tarlo
accompagna con rugghi notturni
passi scompaginati
zoppicanti su incubi e sogni

*******
Tu… parole sigillate

un bisticcio vocale bianche mura
ricama intorno a case calcificate
Sotto soli arroventati nell’antro
desertificato sciogli sorrisi larvali
rumori su massi incatramati
tende di nuvole trasvoli e ti espandi
su terre-dune o dorsi di dromedari
su oasi d’acque ormai stanche di pollare

affochi occhi e labbra ancora
intrisi del mare che qui giaceva
bagnando rocce ora domesticate.
Qui giaci…in questi risvegli d’albe

in azzurri laghi del giorno
lacrime come fiumi a zampillare
gore tra ciglia a rinvangare umori
stanchi, enfasi di incontri astrali.

*******
E’ questa la rugiada rorida
di stille feconde al pensiero
di parole sonore frastornanti risa?

Oh, vita dai mille rami
sradicati con rivoli di vene
irroranti canali su attoniti
cieli con più attonite lune

*******

Tutto nella mente si riannoda e si
Ritorce attraverso strade altrimenti
Tracciate, diversi mondi ed esseri
viventi

chi cercare tra chi…
e te vedere e me vedere
alla sorgente prima dissetarci
scrutando nelle sfere celesti
tutte le vite a noi offerte.

Riconoscersi all’incontro
ed essere altro da noi
riflessi in specchi solari d’altri mondi
rami e fiori e fessure nella scorza
di corpi già sbozzati

Il tuo corpo è ormai crepitante silenzio
del dove del quando del sopra e del sotto…
dell’indicibile dello sfarsi di ossa rotte

Questo corpo dell’inconcluso
s’è concluso nelle strette della mota
nel raggio della ruota che lo plasma
in altre forme
*******

A chi mi chiederà del tuo passo
incompiuto oltre la soglia del tempo
risponderò che sferraglianti ruote
con paglia e fango, saliva e parole
vita hanno dato a un uomo nuovo
senza bastoni a astacolarne il passo…

risorto ciclope d’intelletto
tra clangore d’astri
ti celi dietro lucciole di stelle
nell’aurorale mondo
…altrove.

*******

Indici ad indici congiunti
di smorte mani scoccano scintille
tra presente e passato
di notti e giorni in un circolo chiuso.

Ma nel buco nero dell’Universo
chi ti attende?

Roberta Tomaselli


 

14\11\2012 Ho preso la penna per scriverti
questo bisogno di te che mi affoga
ballandomi davanti agli occhi come
gitana con la sua gonna ondulante
e le nacchere dalle sue dita agitate,
come un cardellino che si lancia
dal ramo e trilla sue note amorose.

Ho preso la penna per fermare
con l’inchiostro questo bisogno di averti
e tentare la resurrezione
sussurrandoti il mio cuore che batte
tacito nell’attesa di te che già avrai
ritrovato gli affetti dei tuoi caparbi
vent’anni, risalendo nel conto di
implacabili minuti che scorrono
lacrime sulle mie guance.

Ho stretto il tuo orgoglio che si è rifiutato
al mio tentativo di porgere aiuto
al tepore che intorno a te irraggiavo
Era accanto al tuo dolore il mio insipiente
essere inutile nell’affanno del respiro
inutile nel volerti sollevare
inutile nel non volerti lasciare.

Tutto s’è arrestato, anche le lacrime
E non so cosa fare e vado e torno,
non so fermarmi né so darmi requie.
Zanzare, volandomi intorno
con ronzii risvegliano pensieri.
Mi ancoro al ventaglio della luna
mi afferro alle tue mani surgelate.

Un’immensa marea mi sommerge
e trascina in concava onda d’acqua
di sale e d’alghe su fino alle nuvole.
Sfioro la tua inesistenza, ti tocco,
ti imploro di portarmi con te
all’incontro dei miei trapassati,
a ritrovare nostre intese e nostri baci.

Tutto s’è portato via la morte
e gli occhi lacrimano sabbia
ed il cuore batte selvaggio cuneo
nella morsa del fuoco
nel colpo martellante che mi scuote.

Cosa sei divenuto ora che
hai lasciato qui l’effluvio del tuo odore,
l’urlo della voce che dolente
si imbeve dell’amore finito?