AMORE SENZA CONFINI

Sereno,
presso un rivolo
che l’infinito specchia,
rapito dal mormorio soave
che pare di preghiera.
Favole già vissute
e melodie ataviche
rievoca il suo gorgheggio
mentre d’intorno,
Pace infonde
l’armonia di suoni eterei,
seppure di malinconia
l’anima gonfia.
Scende sull’onda quieta,
sicura, una barchetta,
(ve l’ho fatta io?)
A lei affido, Figli
l’amore mio e di mamma,
perché lo porti a Voi,
nel vostro mondo,
dove la terra e il mare
col Cielo si confonde.


Il MULATTIERE

Nel buio,
rotto appena dal chiarore tenue
che scende velato dal tramonto lunare,
lo scalpitio ritmico s’eleva conciliante
e si confonde coi rintocchi bronzei,
ampi e ondeggianti, ancora nell’aria tersa.
Le quattro mattutine e il mulattiere,
al passo col simbiotico compagno,
suadente va sussurrandogli
scremando un po’ il gravoso,
cosa farà l’uno, quanto l’altro,
del quotidiano ufficio che l’uno e l’altro attende.
E al tacito assentire, grato, la mano ruvida
che cela una promessa,
passa fra la criniera e il collo, leggera,
a ripagar l’amico con cui suole spartire,
giorno dopo giorno,
dure fatiche e affanni, dimora e biade,
come con un fratello.

A mio padre Tommaso Sabatino
l’ultimo mulattiere


MORANO

T’ho amato tanto,
fiume del mio paese,
e ancora t’amo, Morano mio.
Amo la tua voce roboante
scendere dal passo
e infrangersi veemente
contro i macigni secolari
sparsi nel letto tortuoso.
Amo le tue anse, a monte,
e i lavacri in cui m’immersi,
contro il veto materno,
temerario, a cercar frescura.
Amo le tue acque pure,
già quiete e amiche,
all’approssimar del borgo,
fluire gorgheggiando
sotto il ponte nuovo
e dipanarsi a valle,
leggiadre,
come lungo nastro d’argento
che la brezza muove.
Non sei che un torrentello,
fiume del mio paese
ma in te son nato
e in te vorrei tornare,
Morano mio.
Alle tue acque, infine,
che a me diedero vita,
bramo affidare le ceneri,
perché il tuo grembo
le protegga e l’ami,
quanto io t’ho amato.