ISOLA

Fantasmagoria di colori brucianti

sulla strada assolata.

Polvere delle piazze deserte.

Gli uomini seduti al sole,

la testa china tra le mani, li ho visti andare stanchi

col loro fatalismo, lamento di labbra socchiuse.

Nelle ansie ci assalgono i miti, ideologie mai assimilate.

Si stampano sulle pietre arse

ricordi di epoche remote,

eterogenee promiscuità di concetti

e i fiori

le stagioni

languore dolce di morte

come la monotonia delle generazioni

ammucchiate una sull’altra,

distanti,

senza parentela d’anima.


GLI ANNI

Per strade anonime

ho trascinato i miei sogni.

L’immenso grigiore degli anni uguali.

Nei silenzi vissuti d’attesa

ho coltivato certezze

sfumate nel nulla

e la paura ad avviluppare la solitudine.

Sconfitte ipocrite

barattano la vita

con un pugno di ambizioni,

mentre solo,

tra le mura squallide

di un albergo

arrotolo le poche cose

e mi arrampico

con i miei giorni da clown

sui muri bianchi

levigati dall’alba.


BAR DEL PORTO

Poca gente

sfida

queste raffiche di vento

che spezzano il mare.

Preferisco il brusio sommesso

dei rari avventori

di questo bar aggrappato sul molo

e il tepore che mi accoglie

mi ritrova estraneo

tra consuetudini

di giorni trascorsi.

Ecco

io vorrei soltanto

gridare il mio amore

come quest’onda

che si frange sul molo

e poi sussurrarti lievemente

le mie dolci malinconie,

fragili ghirigori di pensieri.