Il Racconto del Vecchio Mulino
C’era una volta un vecchio mulino, situato sulla riva di un ruscello, sul fondo di una valle scoscesa, per arrivarvi
era necessario discendere il crinale del monte per un ripido sentiero; ormai quel vecchio mulino non produceva
più farina, era infatti diroccato da tempo.
Il ruscello era un costante scorrere d’acqua che emetteva degli allegri gorgoglii come il chiacchiericcio ad una
piccola fiera di paese. Proprio il suono proveniente da quella graziosa e contenuta valle attirava di tanto in tanto
la mia attenzione, così un giorno passando da quelle parti decisi di scendere ed andare a vedere.
Il mulino, seppur diroccato, appariva maestoso coperto da un verde manto d’erba e muschio che ne addolciva
gli spigoli delle pietre con le quali era stato costruito; la ruota continuava a girare, come se volesse sottolineare il
trascorrere del tempo.
Resti di travi trasformate dalle intemperie sbarravano qua e là la strada a chiunque si fosse addentrato; provando
a spostarne una, alcune pietre che un tempo sicuramente sorreggevano il tetto, caddero davanti ai miei piedi
come se il mulino volesse difendersi da quell’intrusione. Mi guardai bene intorno e comunque entrai.
Spostandomi da un vano all’altro dovevo fare attenzione a non sciupare nulla di quel mondo incantato; intanto
quel “chiacchiericcio” provocato dallo scorrere dell’acqua mi faceva compagnia come una colonna sonora di un
film, sembrava sottolineare ogni movimento, aumentava nei momenti difficili (almeno così sembrava), per
tornare a calmarsi subito dopo. Gli odori sprigionati, l’atmosfera densa di antico e misterioso fascino mi avevano
trasportato in un altro mondo, in un’altra epoca.
Arrivato in quello che una volta era il cuore del mulino restai sorpreso da tale magnificenza: tutto era intatto
come se qualcuno lucidasse ogni cosa, ogni giorno. La sacralità di quel luogo era così intensa che d’istinto mi
inginocchiai. Anche l’acqua sembrava avesse cessato di scorrere per non turbare quel momento.
Ad un tratto mi sentii chiamare, guardai attentamente, ma ero solo, eppure qualcuno o qualcosa mi parlava;
pensai: “Sto impazzendo!”, cercai di tornare indietro, verso l’uscita, ma una trave cadendo mi impedì di
proseguire e quella, che per comodità chiamerò voce d’ora in poi, mi diceva di non aver paura. Ripresi fiato e mi
misi a sedere proprio su quel legno che mi aveva fermato. Stavo cercando di riordinare le idee, ma quella voce
riprese a parlarmi, non potendo fare altro cominciai ad ascoltare cercando di intervenire qua e là con dei “se” o
dei “mah”, di più non ero capace; se qualcuno avesse visto la scena avrebbe certamente pensato di me che non
ero sano di mente. Quello che sentivo era la cosa più straordinaria che si potesse immaginare; chi mi stava
parlando era il vecchio mulino!
Anche l’acqua del ruscello pareva avesse smesso di scorrere, si era fatto silenzio tutto intorno, sebbene la ruota
continuasse imperterrita a girare, adesso in silenzio pure lei;
raccontava di bambini gioiosi, di uomini sudati, di donne indaffarate coi capelli ed i grembiuli infarinati e tutto
questo mi sembrava reale attorno a me.
Oh!, sapeste quanta musica c’è nel silenzio di quei momenti…
Tornando a casa, verso sera, sentivo ancora quella voce, quel chiacchiericcio dell’acqua, quei profumi e quelle
immagini che sono fisse adesso nei miei ricordi e mi accompagnano ogni volta che la mia anima ha bisogno di
sognare.
Anche quando non lo sa!