Poesie
Nessuno sa, nessuno mi vede
Vagli a spiegare che è primavera
quaggiú dove si discende
solo a volte, quando il cuore si distende al riposo
o quando scatta incontrollata una felicità intravista
fra le pieghe di quel che conoscemmo già
e dimenticammo. Eppure forse quel tuo sospiro
l’intende (difficile nel meriggio, fortunoso) e ne svela
una parte, che non si scialacqui:
ne è il punto mediano, come il cuore,
la stagione della speranza che purifica
passando di nube in nube, accortamente –
lieta vaghezza, troppo sbiadito amaro.
Ma quando l’accortezza mai fu insieme vaga e pregna
a lei non dirlo, ché non servirebbe:
si plana sull’aria ferma stanotte, lasciati in posa
precipitevolmente per un ritratto,
e il mutar delle forme non si sente.
La pelle si desquama e ne esce la livrea della crisalide –
la farfalla dello spirito è preziosa, non ci s’addice –
ma l’amore, ch’è parola forte, vi rimane
e flosciamente chi l’insuffla vi mette fiato sporco,
senza cautela un profumo che svanirà piú tardi.
Quella scorza s’adagia si rialza s’alluma si crema
ben piú in là (sotto, in realtà) d’un bacio o d’una mela
ben piú giú di una notte
che consumeremo separatamente.